Avere a che fare con Venezia vuol dire, principalmente, fare i conti con una città galleggiante che convive in una sorta di equilibrio fisico, chimico e meccanico tra legno, terra e acqua abbinato ad un ecosistema complicato quanto delicato.
Se la costruzione di edifici ex novo in terra veneziana è rara come un diamante, quelli preesistenti sono famosi in tutto il mondo per il loro splendore ed è per questo che hanno bisogno di una costante manutenzione. Insomma, anche Venezia, come una vera e propria signora, ha bisogno di rifarsi il trucco ed il nécessaire è un affare impegnativo.
Per aprire un cantiere, bisogna fare i conti con quello che i veneziani hanno cercato di codificare nel tempo con una serie di accorgimenti ingegnosi in un ambiente ostico che stona con la sua sconfinata bellezza in quanto presenta una lunga lista di perplessità.
Intanto il fatto di essere, a tutti gli effetti, una palafitta sopra l’acqua determina un’umidità costante che rende difficili le scelte dei materiali da usare. Tra l’altro, il vapore di acque salmastre, a lungo andare, degrada i componenti di costruzione ad una velocità quasi doppia del normale. Da qui il bisogno di usare prodotti particolari e danarosi che combattano questo effetto del mare.
Altro aspetto influente, con i cui i veneziani si sono dovuti confrontare, è il terreno cedevole della laguna e la conseguente erosione continua. Questa sinergia di forze sono una miscela quasi esplosiva perché provocano instabilità ed abbassamenti del livello degli edifici: in questa prospettiva, edificare in maniera perpendicolare è davvero complicato perché una misura presa potrebbe non essere più la stessa a distanza di qualche mese. In più, ergere qualsiasi cosa su un piano instabile esige relazioni di calcolo ben precise: non si possono superare certi pesi, vietato osare.
Venendo poi agli aspetti pratici, il trasporto mette a dura prova le forze e l’organizzazione: portare materiali e macchine a Venezia implica l’uso di un autocarro fino alla terra ferma per poi passare alla barca che ha carico e grandezza limitati. In più il materiale sbarca in canale ed il trasporto al sito desiderato deve essere fatto a mano su e giù per i ponti. E tutta questa filiera logistica, tutto sommato macchinosa, costa.
Per un operaio, poi, lavorare a Venezia vuol dire magari operare in calli strette piene di turisti: talvolta, quindi, creare delle aree di sicurezza che circondino il cantiere diventa un’attività al limite dove si richiede che un addetto sia formato e capace di muoversi in zone anguste.
Così delicata, così da salvaguardare. Il gioiello della laguna è minata da troppi pericoli, motivo per cui è sorvegliata speciale che preclude una lista di regole da rispettare. Di conseguenza, la legislazione detta degli accorgimenti precisi da seguire, suggeriti dagli uffici preposti per la conservazione dei beni culturali. Questo comporta che le regole per agire a Venezia siano tante ed i permessi da chiedere pure. Ci sono limitazioni sui colori da utilizzare in armonia con il paesaggio, sul trasporto delle merci che deve essere delicato, sui dpi da usare in cantiere. Quindi ci deve essere un’attenta preparazione da parte del personale addetto alle autorizzazioni, solo un errore e tutto è da rifare da capo.
Lontana dal mondo e dal tempo, staccata, immobile e imperitura, Venezia bisogna rispettarla. Ed è da questo concetto che l’uomo deve partire per affrontarla.
Esperienza e versatilità sono le chiavi vincenti per conservarla e renderla ancora più affascinante perché ci vuole pazienza quando si ha a che fare con una padrona di casa esigente ma esageratamente bella. Anche se non è facile, è quasi un dovere prendersene cura al fine di garantire un’imperitura immortalità.
Silvia Dassie
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