Ristoranti chiusi, bar chiusi, ristorazione ferma da mesi. Anche quando finiranno le limitazione governative tornare a mangiare fuori sarà un processo lento. La gente dovrà riabituarsi alla vita di prima, a fidarsi come una volta, aspetto non scontato dopo un lungo periodo di distanziamento sociale e quarantena. In generale il “food” ha bisogno di ripartire al più presto, compreso un settore spesso snobbato: lo street food.
Nella categoria del cibo da strada ci sono 25mila operatori che da ottobre stimano 200 milioni di perdite, calcolando i mancati introiti, la merce invenduta e i costi fissi, non solo a causa del lockdown ma anche della chiusura “stagionale”. «Da ottobre siamo fermi e le prospettive per la ripartenza ancora non ci sono», afferma Alfredo Orofino, imprenditore, ideatore ed organizzatore del Festival Internazionale dello Street Food, “re” di questa categoria. Un settore giovane (l’età media dei circa 25mila operatori è di 40 anni) che ha bisogno di ripartire al più presto.
Anche gli eventi annullati incidono
Pensando allo street food ci vengono in mente il panino con la salamella fuori dallo stadio, le specialità made in Italy di eventi dedicati, lo spuntino veloce alle fiere o alle sagre. Tutte forzatamente posticipate o annullate. «Nel 2020 il calendario del festival prevedeva 100 eventi in altrettante piazze d’Italia che sono stati bloccati dalla pandemia –racconta Orofino –. La natura del nostro lavoro poi ha molti aspetti positivi, come lavorare all’esterno e poter mantenere le distanze con facilità. Ma anche limiti che andrebbero sicuramente rivisti. Per questo ho scritto a inviato precise richieste alle istituzioni nazionali, regionali e comunali. Il tutto mettendo a punto un piano operativo ed organizzativo che permetta agli operatori di lavorare, rispettando tutte le misure di sicurezza. Le risposte sono state, a voce, anche positive ma l’operatività è ancora lontana».
Come può intervenire il Governo?
Oltre alla domanda di contributi a fondo perduto e l’azzeramento degli oneri fiscali per l’anno in corso, quella che è più urgente, sottolinea il “rappresentante della categoria”, è la semplificazione burocratica. Le richieste per rimettersi in cammino sono: tempi rapidi per la risposta dalle amministrazioni quando di chiede un permesso per un evento (ora è di 30/60 gg); deroga per la stanzialità ( la licenza itinerante prevede al massimo di due ore di sosta in un punto); concessione per essere inseriti anche nelle aree mercatali; istituzione e concessione gratuita di un’area centrale della città adibita al cibo di strada con le norme in vigore.
Inoltre, gli operatori dello street food chiedono spazi dedicati alle proprie attività. E proprio su questo punto, la possibilità di avere uno spazio food fisso all’interno delle città, l’imprenditore ha messo a punto il progetto “International Street Food Take Away” che può inserirsi in questa fase 2 con la creazione di un mercato temporaneo del cibo di strada. All’interno di questo nuovo spazio delimitato, potrebbero sostare da 7 a 10 operatori (uno per tipologia di cucina), distanziati di almeno di 3 metri. E somministrare le specialità ai clienti per l’asporto, mantenendo un metro di distanza e operando con tutti i dispositivi di protezione individuale richiesti. Per evitare code o assembramenti basterebbe fare gli ordini al telefono o via app o richiedere la consegna a domicilio in assoluta sicurezza. «Chiediamo – conclude Orofino – che ci venga restituito l’orgoglio di tornare a fare ciò per il quale da sempre sono apprezzati. Cucinare» .
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