In Italia la gente non si sente al sicuro. Potremmo sintetizzare così il senso dei numeri raccontati da Stefano Iannaccone nel suo nuovo libro “Sotto tiro. L’Italia al tempo della corsa alle armi e dell’illusione della sicurezza”. Nonostante da anni i dati riguardo crimini come rapine, omicidi e stupri siano in netta e costante diminuzione, gli italiani vivono in un clima che non rispecchia la realtà. La percezione dell’insicurezza nel nostro Paese è molto alta e probabilmente hanno contribuito politiche iper-securitarie in un contesto sociale che paradossalmente è molto meno pericoloso degli scorsi decenni.
La conseguenza è che, come si legge nel libro, in Italia, anche grazie alla legge sulla legittima difesa, sta aumentando in maniera preoccupante il possesso di armi da parte di privati cittadini. Una sorta di via libera alla giustizia fai da te, seppur regolamentata. L’attuale norma stabilisce che, una volta ottenuta la licenza per il possesso di un’arma, “si possono tenere in casa 3 armi da sparo, 12 armi ad uso sportivo, un numero illimitato di fucili e carabine, 8 armi antiche o artistiche, nonché munizioni e polvere da sparo”. Per ottenere una licenza basta aver compiuto diciott’anni, essere incensurati ed essere esenti da malattia nervose o psichiatriche. La licenza dura cinque anni, e in questo lasso di tempo nessuna commissione verifica se qualche disagio psichico sia nel frattempo sopraggiunto.
I dati raccolti da Iannaccone
In Italia – dati del luglio 2018 – le persone in possesso di una licenza sono 1.315.700 (com’è noto, le licenze si dividono in tre categorie. Per difesa personale, per la caccia e per uso sportivo). A queste vanno aggiunti i circa 500.000 arruolati presso i corpi di polizia e le forze armate. Scrive Iannaccone: “Ad ogni modo, si stima che le armi possedute dai civili siano comprese tra i 6 e i 10 milioni. Uno dei rapporti più accurati del settore, lo Small Arms Survey, parla di circa 8 milioni e 600mila armi detenute (legalmente e illegalmente) dai civili nel 2017”.
Il numero è impressionante. In Italia ci sono quasi 10 milioni di armi nelle case degli italiani. Tutto questo a fronte di una situazione criminale che dovrebbe suggerire un relativo rilassamento delle politiche securitarie. Scrive sempre Iannaccone: “Secondo i dati del Viminale prima citati, nel 2018 il numero di licenze rilasciate (aggiornato a luglio 2018) è cresciuto del 4% rispetto al 2015. Il paradosso è che all’aumento delle richieste di licenza non corrisponde alcun aumento di furti e rapine, anzi. I dati del Viminale dicono che nel 2012 ci sono stati 1.568.468 furti, mentre nel 2017 la cifra si è fermata a 1.302.636. Stesso trend calante per le rapine: dalle 44.228 del 2013 si è passati alle 31.904 del 2017. Nel 2012 gli omicidi volontari per scopi di furto e rapina sono stati 43. Nel 2016 il dato si è fermato a 19 vittime”.
Un problema anche legale
Avallando una “giustizia fai da te” i rischi sono molteplici. Il primo è quello della difficile valutazione giudiziaria della giusta proporzione tra offesa e difesa. Il secondo è che chi uccide, sia pure per legittima difesa, avrà sempre un problema di coscienza, anche se la giustizia, con le nuove norme, dovesse ridurre al minimo la fase processuale e non applicare nessuna pena per chi si è legittimamente difeso uccidendo. Come vivono coloro che hanno ucciso dei ladri? Se ne parla poco. Ma dalle testimonianze che si possono leggere non si sbaglia a dire che l’effetto psicologico è devastante.
C’è poi il tema, ancora più problematico in un momento di crisi socio-economica come quella che ci apprestiamo a vivere, di come possano essere usate tutte queste armi in un momento in cui la stabilità emotiva degli italiani è inevitabilmente in fibrillazione. Non deve passare comunque in secondo piano l’estrema complessità di un’industria italiana delle armi molto fiorente, sia in ambito pubblico che in ambito privato; un settore che dà lavoro stabile a decine di migliaia di operatori. L’industria delle armi è un comparto particolare, che mette a dura prova la sempre difficile armonia tra etica e mercato e che necessita allo stesso tempo di tutele e di limitazioni.
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