Da un anno, ormai, una domanda ricorrente tra chi se ne occupa, è proprio se e come proseguiremo a guardare i film catastrofici del passato, e come sarebbero stati quelli girati o ideati in questi mesi. La prima domanda, in parte, ha già la sua risposta: dati affermano che un rilevante numero di spettatori ha scelto di riguardare i vecchi film catastrofici come Contagion o Virus letale, mentre altri hanno continuato a vedere pellicole di settore, ma senza temi pandemici. È presto per dire quando usciranno e come verranno registrati i film con queste tematiche nei prossimi anni. Per quanto ce ne siano diversi in lavorazione, le incognite sono ancora molte.
Due articoli hanno provato a rispondere a questa domanda
Il primo, pubblicato su Wired a fine 2020, si era chiesto come i film di settore potranno sopravvivere alla pandemia. Il secondo, pubblicato dal New York Times Magazine, ha portato avanti una tesi secondo cui, visti i tempi, i film catastrofici dovrebbero evolversi. Wired partiva dalla considerazione che questi film siano da sempre molto legati alle paure ed angosce del contesto storico in cui vengono fatti.
Negli anni più tesi della Guerra Fredda, spesso si parlava di distruzione nucleare o invasione aliena, nei successivi anni ‘70/’80, molte pellicole furono dedicate a rischi e pericoli tecnologici e, infine, nei decenni recenti ai pericoli in arrivo dallo Spazio e a cataclismi ambientali. È facile non essersene accorti, ma nel 2020 è uscito anche Songbird, un film post-apocalittico ambientato a Los Angeles nel 2024, dopo che il COVID-23, una mutazione del COVID-19, ancora più pericolosa, ha decimato la popolazione mondiale. Un film, quindi, che non ha utilizzato grandi metafore per parlare delle ansie e paure di questo periodo storico. Secondo Wired, una possibile via per la sopravvivenza post-pandemica dei film catastrofici consisterà nel trovare nuovi modi per parlare di quanto è successo senza parlarne davvero, per esempio occupandosi di zombie, vampiri, o di qualche tipo di pericolo che riguarda le persone e i loro rapporti. Un’altra possibile via prevede che anche nel cinema catastrofico ci si torni a preoccupare di problemi legati all’ambiente. In entrambi i casi, resta grande il problema relativo alla chiusura dei cinema. Come tutto ciò che riguarda questo settore, le previsioni sono veramente piene di incognite. Anziché fare analisi, l’articolo del New York Times sostiene che questi film abbiano proprio il bisogno di un’evoluzione. Lo scritto parte da precise considerazioni su The Midnight Sky, un film post-apocalittico disponibile su Netflix. All’inizio della pellicola, il disastro c’è già stato e uno dei pochi sopravvissuti cerca di cavarsela in un contesto ostile, su cui però non viene spiegato quasi nulla: sappiamo, infatti, che è successo qualcosa di molto grave e che l’umanità è a rischio di estinzione.
Un’idea comune della critica è che i film catastrofici debbano provare a rispondere a domande più complesse, immaginando e raccontando di più le premesse e le configurazioni di certe catastrofi. In ogni caso, come già detto, è evidente come non sia possibile dare risposte di una certa portata in due o tre film. Forse potrebbero farlo meglio certe serie tv e Peter C. Baker, autore dell’articolo del NYT, ammette che il miglior esempio di quello che vorrebbe vedere in un film finora lo ha letto in un libro: The Ministry for the Future, un romanzo di Kim Stanley Robinson e ambientato nel futuro, che tra le altre cose parla di “disastro climatico, questioni burocratiche, finanziarie e di governo, esperimenti di geoingegneria, proteste, campi per rifugiati ed ecoterrorismo. Finché non avremo più film come questo, il genere resterà solo uno sbiadito e distorto specchio per l’umanità”.
Costanza Falco
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