Di dati e numeri ne abbiamo letti durante l’emergenza coronavirus. Sono dati che non avremmo mai voluto vedere ma che purtroppo rappresentano la realtà attuale. Ogni giorno leggiamo del bollettino quotidiano, sperando che i casi stiano diminuendo, così come il numero dei morti e dei ricoverati in terapia intensiva. Quello che possiamo fare con i dati, dopo oltre un mese, è iniziare ad analizzarli e trarre le prime conclusioni. Una di queste è degna di uno studio approfondito, di un focus alla ricerca delle cause: il Covid-19 uccide più uomini che donne.
Parlano i dati scientifici
A oggi è un dato di fatto, oggettivo. L’ultimo report sulle caratteristiche dei pazienti deceduti positivi al coronavirus dell’Istituto superiore di sanità (datato 20 aprile) mostra che in tutte le fasce d’età – con l’eccezione degli over 90 – il numero dei decessi è maggiore negli uomini che nelle donne. Non riguarda solo l’Italia, ma tutto il mondo. Allargando lo sguardo, il dato si conferma ovunque nel mondo.
L’iniziativa Global Health 50/50 per la parità di genere in salute ha messo insieme dati provenienti dai diversi paesi disaggregati per sesso, sia per quel che riguarda l’incidenza dei casi che la mortalità. Il dato più consistente che emerge a leggere i grafici è che siamo di fronte a una malattia Covid-19 di cui non sappiamo ancora abbastanza, ma che sicuramente miete più vittime tra gli uomini. In maniera consistente per tutti i paesi presi in considerazione e in tutte le fasce d’età, e in modo più marcato rispetto all’incidenza dei casi, dove si osservano notevoli variabilità sia per paese che per fascia di età in relazione al sesso.
Le possibili motivazioni
Il sesso maschile, insieme alla presenza di comorbidità e all’età avanzata, è apparso dagli inizi come un fattore di rischio per la malattia, o meglio per gli esiti della malattia. Ma perchè la mortalità maschile è tanto più alta di quella femminile? Negli ultimi tempi sono diverse le ipotesi che si sono fatte avanti e anche l’Istituto superiore di sanità ha provato a stilare una serie di possibili motivi. “E’ molto probabile che le interazioni tra il sistema endocrino e il sistema immunitario giochino un ruolo”, commenta Luigia Trabace dell’Università di Foggia e coordinatrice del gruppo in farmacologia di genere per la Società italiana di farmacologia (Sif), riferendosi all’influenza degli ormoni sessuali nella modulazione del sistema immunitario. “Gli estrogeni della donna potrebbero avere un ruolo protettivo”, continua.
A tal proposito per esempio, dall’Istituto superiore di sanità spiegano come proprio gli estrogeni (in età fertile) potrebbero aumentare l’espressione del recettore Ace2, usato dal virus per entrare nelle cellule ma la cui espressione diminuisce dopo l’infezione, riducendo anche l’effetto protettivo che esercita sui polmoni. Anche con protezioni più indirette. Gli estrogeni per esempio possono costituire uno scudo contro malattie cardiovascolari. A loro volta possono rappresentare un fattore di rischio in termini di mortalità da Covid, ricorda tra gli altri Jenny Graves della La Trobe University su The Conversation.
Ormoni maschili
Di contro gli ormoni maschili invece renderebbero gioco più facile all’infezione, indirettamente anche favorendo comportamenti più a rischio, come l’abitudine al fumo, continua Grave (anche se proprio il legame con il fumo e la gravità della malattia potrebber essere più complesso e discusso di quanto inizialmente ipotizzato). Ma potrebbe esserci anche altro, riprende Trabace. “Un piccolo studio mostra che il tempo di negativizzazione al tampone è più bassi nelle donne rispetto agli uomini. Qui il virus potrebbe nascondersi nei testicoli, dove il recettore Ace sembra essere molto abbondante, costituendo una sorta di riserva di Sars-Cov-2”. Un’ipotesi meritevole di attenzione, e possibilmente coinvolta nello squilibrio di severità della malattia che si osserva tra uomini e donne. Ma da prendere con le pinze, e dove è l’abbondanza del recettore Ace2 è considerata come un fattore di rischio.
Un’altra ipotesi ha a che fare con l’assetto genetico maschile e femminile e una diversa prontezza nei confronti delle infezioni virali. “Sul cromosoma X sono mappati circa un migliaio di geni, contro il centinaio presenti sul cromosoma maschile Y. Molti di questi sono correlati a funzioni immunitarie”, osserva Trabace. Se è vero che nelle donne uno dei due cromosomi X va incontro a inattivazione, alcune zone possono sfuggire a questo fenomeno, tornano a ribadire anche dall’Iss. “Più in generale nelle donne si osserva una diversa, maggiore, predisposizione nel montare una risposta immunitaria”, aggiunge Marina Ziche, farmacologa all’Università di Siena, parte dell’Unità di crisi Sif su Sars-Cov-2.
Sistema immunitario
“Questa maggiore capacità nelle donne riflette se vogliamo una maggiore competenza nella protezione della specie. La donna è quella che deve difendere di più la prole. E anche nel corso di questa epidemia, al momento, il fatto che il virus non sia riscontrabile nel liquido amnionico o nel latte confermerebbe questo aspetto”. Un’altra conferma di una maggiore prontezza del sistema immunitario nelle donne, indiretta, è dovuta alla maggiore suscettibilità alle patologie autoimmuni, ricordano le esperte. “Gli uomini tendono a essere in generale più suscettibili alle infezioni virali. In particolare i virus di tipo Sars, hanno mostrato di essere più patogenici nei maschi che nelle femmine, anche nei modelli animali”, riprende Ziche.
Conclusioni
Nello stilare la lista di possibili ragioni in grado di spiegare il dato però vanno considerati anche altri aspetti, non meramente biologici, quanto di genere. Alcuni di questi aspetti di genere possono contribuire o a creare quadri più suscettibili di complicazioni negli uomini o ad aumentare al tempo stesso il rischio di infezione. “Per esempio è stata avanzata l’ipotesi per cui le donne, lavandosi di più, possano ridurre la carica virale e così il rischio di infezioni – va avanti Ziche – o ancora l’abitudine al fumo. Questa tende a essere maggiore negli uomini, specialmente più in là negli anni, o una maggiore riluttanza maschile a farsi curare per esempio”.
Il caso Covid-19 mostra ancora una volta come la stessa condizione possa avere manifestazioni ed esisti diversi in uomini e donne. Perché anche gli effetti ai farmaci, ricordano le farmacologhe sono diversi, in termini di efficacia o metabolismo, nei due sessi. “Situazioni come queste ricordano anche quanto sia importante conoscere di più anche su questi aspetti”, conclude Ziche.
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