Sono usciti i dati Istat riguardo ai risultati economici per il mese di marzo e come pronosticabile non sono positivi. L’Italia è stata uno dei primi paesi colpiti dalla pandemia e di conseguenza una della prime nazioni a istituire il lockdown, di cui le attività commerciali hanno inevitabilmente risentito, costrette ad abbassare le saracinesche per molto tempo. Quello che salta subito all’occhio è che gli unici settori a chiudere con il segno più sono quello alimentare e quello del commercio elettronico.
In particolare l’e-commerce sembra aver beneficiato della situazione, confermando una tendenza che stava prendendo piede già prima della quarantena. Tra nuovi aggiornamenti e continue implementazioni tecnologiche la direzione è sempre più verso un mondo cash-free, fatto di pagamenti tramite carta, app per il telefono collegate al conto e (forse) anche bitcoin. L’altro lato della medaglia riguarda praticamente tutto il resto: i negozi specializzati e i non alimentari presentato cali delle vendite da record.
I dati Istat
Le misure prese per l’emergenza Covid hanno favorito le vendite nella grande distribuzione che sono cresciute per «gli esercizi non specializzati a prevalenza alimentare (+5,2%), soprattutto per i supermercati (+14,0%), mentre per quelli a prevalenza non alimentare si registra un calo eccezionale (-40,5%). Per gli esercizi specializzati le vendite subiscono una diminuzione ancora più forte (-55,7%)». Diverso, segnalano i dati Istat, il trend dei piccoli negozi dove anche il comparto alimentare è in lieve diminuzione (-1,0%). Mentre per quello non alimentare il calo è del 36,6%. Rispetto a marzo 2019, il valore delle vendite al dettaglio diminuisce del 9,3% per la grande distribuzione e del 28,2% per le imprese operanti su piccole superfici. Le vendite al di fuori dei negozi calano del 37,9% mentre è in crescita sostenuta il commercio elettronico (+20,7%).
La preoccupazione delle istituzioni
In seguito alla pubblicazione dei dati sono arrivate anche le dichiarazioni di Confcommercio e Confesercenti. Le due associazioni concordano sul fatto che risultati di questo tipo fossero preventivabili e che probabilmente aprile sarà anche peggio. «Se si considera che il fermo delle attività commerciali ha investito solo due terzi del mese di marzo, è facile prevedere che i dati di aprile saranno ancora più drammatici. In questo scenario, è indispensabile introdurre subito sostegni mirati al commercio di vicinato». Infatti tra le categorie più colpite c’è quella dei piccoli negozi, alle prese con la crisi peggiore della storia repubblicana.
Anche Confcommercio concorda. «Numeri di tale gravità erano largamente attesi, purtroppo la crisi ha raggiunto un livello che non si osservava dal 2000. Le vendite calcolate dall’Istat non comprendono i consumi di servizi (per esempio presso bar e ristoranti) e gli acquisti di auto. Segmenti che viaggiano prossimi al meno 100% mensile, si comprende appieno la gravità dell’impatto del lockdown in termini di spesa delle famiglie e, quindi, di fatturato aziendale e reddito dei lavoratori indipendenti – è il commento dell’Ufficio Studi Confcommercio -. Purtroppo il dato di marzo sarà peggiorato dalle performance di aprile, né l’estate potrà compensare minimamente le perdite subite nei mesi precedenti».
La speranza è che con la parziale riapertura di queste ultime settimane si riesca a impostare una ripartenza, non in grado di compensare gli ultimi difficili mesi ma quantomeno di dare una speranza a tutti gli operatori. Per tornare al più presto alla normalità.
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