I tempi sono cambiati. Da anni ormai, il rapporto con la tecnologia è divenuto sempre più stretto, tanto che in alcuni casi si parla addirittura di dipendenza dagli strumenti quali smartphone, tablet e pc, o, ancora da ciò che vi si trova all’interno, come i giochi su app. Senza arrivare a situazioni patologiche, bisogna dire che abbiamo iniziato a passare ore e ore in compagnia di questi strumenti. Vi è da tempo tale tendenza, ma il periodo del lockdown e poi il distanziamento post pandemia hanno alimentato l’utilizzo e ci tocca riflettere: gli strumenti tecnologici sono importanti, ma rischiano di farci abituare ad una vita non vera, fino ad arrivare ad una sorta di dipendenza.
Giocare d’anticipo
Vi sono regole semplici e di facile attuazione affinché non accada di allontanarci dalla vita vera. Queste, però, perché siano valide, devono essere condivise da tutta la famiglia. Non esiste un’età giusta per dare il cellulare al proprio bambino, ma esiste una maturità cognitiva, e deve essere valutata e riconosciuta dalle famiglie. Gli esperti consigliano di non dare ai ragazzi il cellulare di proprietà prima dei 13 anni. Sicuramente, complice questo periodo, tutti hanno dato in mano ai propri bambini un device. Se si decide di farlo, però, bisogna aver voglia di supervisionare tale approccio oltre che l’abilità di impartire regole. Inutile dire “Non si usa il cellulare a tavola” se gli adulti lo fanno; i grandi sono i modelli che i piccoli seguono ed imitano.
Conoscere, prima regola
Molti ragazzi non sono a conoscenza dei pericoli che possono scorrere nel flusso della rete. Ci sono limiti d’età per accedere a determinati tipi di social, e sicuramente c’è un motivo di base. Insegnare termini come sexting e cyberbullismo vuol dire mettere i giovani utenti di fronte a nuove conoscenze e conseguenze importanti. Non solo nella vita reale lo si fa, anche online bisogna rispettare un galateo. Sono semplici regole, che contribuiscono a migliorare la vita della comunità virtuale. Abbandonare un gruppo senza dare spiegazioni o escludere qualcuno da esso, per esempio, può essere un gesto aggressivo. Un atto di bullismo. Onde evitare di far male e farsi male, l’invito è quello di metterci la faccia, anche se nella vita offline è molto più facile nascondersi dietro allo schermo.
Coltivare hobby offline
Durante il lockdown, è vero, si sono fatte tante attività online: basti pensare al tempo dedicato alla didattica a distanza, i ragazzi hanno passato molto tempo con app che permettevano di incontrarsi online e fare ogni sorta di gioco. Per evitare un ipercoinvolgimento da parte di hobby virtuali, bisogna anche coltivare interessi offline perché aiutano a gestire tutte le problematiche che possono insorgere nella competizione, levigare la frustrazione che ne può derivare e imparare a confrontarsi con gli altri in modo diretto. Molto spesso si ricorre ad un abuso delle relazioni mediate perché ci si sente soli. Tuttavia la solitudine può essere anche un preziosissimo strumento di crescita: si conosce la noia, ma si può anche trovare lo spazio per farsi delle domande costruttive. Non bisogna farsi tentare dal cellulare e dalle chat per far tacere il rumore che può nascere mentre si è da soli, ci si può interrogare, riflettere e meditare. Questi esercizi, fatti nella mente oppure scritti, aiutano a crescere e a rendere propositivi i momenti che ci sembrano più difficili.
Costanza Falco
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