Quante donne lavorano in Italia nell’edilizia? Secondo l’Istat, alla fine del 2018 sono solo 51.674, il 6% della forza lavoro, mentre il 18% si dedica alla parte dirigenziale. Le laureate in ingegneria edile, poi, sono ben 56,2%. La mera osservazione della quotidianità insegna però che l’adeguamento delle pari opportunità è uno degli aspetti principali che deve essere migliorato nella società.
L’industria delle costruzioni è stata tradizionalmente un settore maschile, una condizione giustificata, tra l’altro, dalle dure condizioni di lavoro. Tuttavia, l’evoluzione del settore verso una maggiore meccanizzazione permette a uomini e donne di accedere e svolgere gli stessi compiti professionali in condizioni di parità di diritti e situazioni. Dall’altro lato, sono stati creati nuovi posti di lavoro grazie ad attività derivate dall’efficienza energetica o dall’edilizia “verde” che offrono un orizzonte incoraggiante per i professionisti specializzati sia uomini che donne.
Persistono però barriere sociali, culturali ed educative per le donne impegnate nelle attività di costruzione. Infatti, la femminilizzazione del settore edile incontra varie difficoltà: innanzitutto, le donne non si vedono come operaie e sono in notevole difficoltà perché non in grado di fare il lavoro. In più, c’è la possibilità che un lavoro fatto da una donna sia considerato meno professionale dalle aziende o dai clienti. Anche l’integrazione con i colleghi maschi non è semplice perché gli stereotipi sociali sono una dura fiera da affrontare.
Una volta che le donne entrano a far parte della forza lavoro, devono impugnare una serie di sfide per rimanere nel settore e successivamente raggiungere posizioni di leadership. Queste sfide includono la difficoltà di manovra in un settore dominato dagli uomini, la mancanza di modelli di ruolo e mentori femminili e condizioni di lavoro (come lunghe giornate lavorative e l’esigenza di un elevato numero di visite in loco in luoghi lontani) che non sono favorevoli o adattabili al ruolo tradizionale delle donne nell’ambiente domestico. La fortuna è che, presa consapevolezza della situazione, c’è una voglia di riscatto. Le manovre sono molteplici e comprendono più passaggi: risvegliare la consapevolezza e la difesa delle pari opportunità, migliorare le condizioni sociali del settore, promuovere la professionalizzazione, attraverso una formazione di qualità e incentivare l’inserimento lavorativo.
Fare un cambiamento di paradigma nel settore delle costruzioni, per essere più egualitario, attraente e socialmente responsabile, attraverso una formazione di qualità e sensibile al genere al fine di eliminare le barriere culturali e migliorare la sensibilità delle donne a questo settore. Innanzi tutto, bisogna catturare l’attenzione delle donne verso l’industria delle costruzioni, sottolineando quali attività hanno maggiori possibilità di ottenere un effettivo inserimento nel mercato del lavoro. Fornire, poi, ai centri di formazione professionale una prospettiva di genere che permetta loro di ripensare il loro approccio formativo e cercare opportunità per un settore più egualitario. E, infine, sarebbe fondamentale stabilire misure di consulenza che facilitino la transizione dell’industria delle costruzioni verso una maggiore consapevolezza e un maggiore equilibrio di genere. Uno sforzo in più è fondamentale per ottenere il riconoscimento delle competenze di genere e creare le condizioni che consentano la realizzazione di nuovi programmi di formazione che porteranno, sicuramente, ad un progredire e allo sviluppo di nuove professionalità.
Silvia Dassie
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