La pandemia ci ha provato duramente ed il piano di ripartenza governativo è un passo obbligato per far uscire un’economia assopita e farla rinascere a nuova vita. Per questo, per settori come l’edilizia, sono state create delle manovre apposite come il Superbonus 110% al fine di riaccendere la fiammella dei mercati e di rendere più connessi e sostenibili opere ed infrastrutture. Per operare su questo fronte, i pass obbligatori sono i cantieri che, per essere tali, necessitano di materie prime. L’affare preoccupante è che, negli ultimi mesi, il loro prezzo ha subito un aumento improvviso e corposo.
L’ultimo rapporto OCSE ha decretato che i prezzi dell’acciaio e dei prodotti siderurgici sono lievitati spaventosamente soprattutto in virtù della domanda proveniente dalla Cina. In particolare, si è verificato un rialzo esagerato del prezzo dell’acciaio e del ferro di circa il 130% tra novembre 2020 e febbraio 2021. Una notizia così marchiante non è un affare da poco: infatti il costo dei materiali incidono per il 60 per cento sul costo totale di una commessa. Gli inglesi chiamano questo fenomeno di rigonfiamento dei prezzi “everything bubble”, la bolla sui prezzi di qualsiasi cosa.
Il fenomeno non è stato cosi immediato ma soprattutto è stato causato da molteplici fattori. Nei primi mesi di presenza del Covid 19, i prezzi sono crollati del 20-30%. La Cina, che ha un’economia pianificata, ha approfittato per approvvigionarsi di materiale partendo da una posizione di vantaggio in quanto ripartiva con quattro mesi di anticipo. Subito dopo, i prezzi hanno ricominciato a salire ed ora toccano le stelle perché i Paesi sono ripartiti improvvisamente con i magazzini vuoti in quanto vittime del “just in time” (nessun accumulo di scorte per investire maggiormente in efficienza).
Le materie, a questo punto della faccenda, diventano un investimento interessante del menù perché prezzate in dollari, moneta ora debole che diventa conveniente per chi acquista in euro o altre valute. Altro aspetto incidente è l’aumento a dismisura dei costi di trasporto. Il Dry Baltic Index, che riporta gli oneri di noleggio di prodotti secchi e sfusi, ha decretato un aumento del 605%.
C’è da aggiungere che l’Organizzazione Marittima Internazionale ha variato il proprio regolamento intimando alle navi di abbassare la quota di zolfo nell’olio combustibile: dal 3.5% allo 0.5% (massa per massa). Ciò ha portato alla rottamazione di certi mezzi ed all’ ammodernamento delle navi portacontainer che trasportano merci dall’America, dall’ Australia ed Asia. Questo scherzetto si è comprensibilmente sciolto sui prezzi, aumentandoli.
Come evadere da questo vortice prima di venire risucchiati in un tunnel senza uscita? Gli esperti dicono che passerà. Innanzi tutto, è fresca fresca dello scorso ottobre l’Alleanza per le Materie Prime che l’Unione Europea ha costituito per diventare autonoma al fine di estrarre più minerali dal sottosuolo europeo con tecnologie evolute. Oggi, i metalli come il litio, vengono estratti in Europa e lavorati poi in Cina. Per fare anche questo in Europa, sono stati creati sei centri di innovazione tra cui uno a Roma allo scopo di creare una sinergia produttiva.
La sfida sarà un po’ un’arma a doppio taglio: portare queste attività “pericolose” in casa è un rischio per l’ambiente ma si compensa con l’inevitabile dipendenza economica riversata sui prezzi. Innovazione, tecnologia e possibilità di fare in casa: la volontà di uscire c’è, starà ai governi ragionare verso questa visione sicuramente ambiziosa ma necessaria. L’unione fa la forza, oggi più che mai.
Silvia Dassie
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