Milioni di anni fa, la Terra era abitata da diversi animali molto simili agli elefanti che appartenevano all’ordine dei Proboscidati. Ad oggi, sul pianeta restano solamente due rappresentanti di questi animali: l’elefante africano, il più grosso mammifero al mondo, e l’asiatico, parente prossimo più piccolo. I primi sono più grandi e si caratterizzano per le zanne che possono arrivare ad una lunghezza di 2-3 metri; mentre i secondi sono più piccoli e solamente gli esemplari maschi hanno le zanne. Gli elefanti africani vivono nelle foreste e savane sub-sahariane mentre quelli asiatici popolano l’Asia Meridionale. Un grave problema è il bracconaggio, una delle principali cause di morte tra questi esemplari: sappiamo dal WWF che ogni anno vengono massacrati circa 20.000 elefanti.
Il commercio dell’avorio e la deforestazione stanno portando questa specie verso l’estinzione. Quando nel 1989 venne chiuso il mercato internazionale dell’avorio si sperava che la pratica incivile nei confronti di questa specie si potesse fermare; purtroppo, invece, fu solo un periodo di pausa. Infatti, nel 2007, quattro Paesi africani (Sudafrica, Namibia, Botswana e Zimbabwe) ottennero dalla Cites, l’organizzazione che regola il mercato mondiale dei prodotti di specie a rischio, la possibilità di vendere l’avorio “legale”, cioè gli stock accumulati durante i vent’anni della moratoria. Questa autorizzazione diede la libera uscita ai bracconieri, che svilupparono nel giro di poco tempo un mercato nero, oggi – come già affermato – una delle principali cause della scomparsa di questo animale. Lo stesso vale per il continente asiatico, ma con una piccola differenza: solo gli elefanti maschi hanno le zanne. La loro caccia, infatti, genera in più un’alterazione demografica: in alcune riserve è rimasto solo un maschio adulto per ogni cento femmine. Negli ultimi anni si è aggiunta un’altra forma di caccia, molto più devastante, unita alle guerriglie e bande armate che usano strumenti tecnologici e armi per sterminare la specie e finanziare le guerre locali con la vendita delle zanne. Una seconda minaccia è rappresentata dalla deforestazione: gran parte degli habitat degli elefanti si estende ancora al di fuori delle aree protette, ma il rapido aumentare dell’umanità e l’estensione dell’agricoltura rendono progressivamente più inagibili delle zone che da sempre appartenevano a questi mammiferi.
L’impegno del WWF
Da anni, il WWF si batte per conservare l’habitat degli elefanti grazie alla promozione di nuove riserve, ad una severa applicazione delle leggi di protezione e al mantenimento di spazi fra le foreste per facilitare le migrazioni. Tra le varie iniziative in difesa dell’elefante, inoltre, c’è un programma congiunto tra WWF e IUCN (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura): il nome è ETIS, Elephant Trade Information System: una banca dati gestita da Traffic, la rete internazionale che si occupa del monitoraggio del commercio della fauna selvatica in estinzione. Un altro programma è MIKE, Monitoring Illegal Kill Elephant Programme, sostenuto dal WWF e altri enti in tutti i paesi, compresi nell’area dell’elefante africano. L’obiettivo è quello di raccogliere dati sulla mortalità degli elefanti e diminuire le uccisioni illegali, successivamente aiutare i governi locali a risolvere i conflitti fra attività economiche e presenza di elefanti.
La conta per scongiurare l’estinzione: animalismo e tecnologia
La tecnologia può essere messa a disposizione per tutelare questa specie. Grazie a delle immagini satellitari, oggi siamo in grado di studiare a fondo il comportamento e gli spostamenti degli elefanti africani e una possibilità simile non deve affatto passare come scontata. La raccolta dati viene effettuata da remoto e grazie ad uno speciale algoritmo capace di effettuare un tracciamento per nulla invasivo per l’animale. Il tutto nasce da una collaborazione tra alcuni ricercatori delle Università di Bath, di Oxford e di Twente.
Gli elefanti visti dallo spazio
Esistono software specifici capaci di fotografare oltre 5.000 km2 in pochi minuti: grazie ad uno speciale algoritmo, gli elefanti possono essere censiti e tracciati in ogni loro spostamento. Solo scovando le loro abitudini ed i comportamenti più ricorrenti potremo riuscire ad evitarne l’estinzione. Secondo tale ricerca, ad oggi, si stima la presenza di soli 415mila elefanti di savana selvatici e i numeri sono in calo. Se questa specie è sicuramente facile da individuare, resta innegabile il ruolo della tecnologia: la definizione delle immagini è, infatti, in rapido aumento. Grazie a ciò, in un prossimo futuro potremo utilizzare un tale sistema per monitorare delle specie a rischio di dimensioni sempre più piccole.
Costanza Falco
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