A causa di una credenza comune che pone su due binari diversi il mondo dell’edilizia e l’estetica urbana, viene quasi sempre definito “brutto” qualsiasi cosa venga associata al mondo dei cantieri, in particolar modo se si trovano in centri abitati o ad alta frequentazione.
Recinzioni e transenne che delimitano le aree in costruzione o ristrutturazione possono rappresentare un pugno in un occhio per gli abitanti e visitatori che magari sono obbligati a transitarci davanti per lunghi periodi di work in progress.
Per far fronte a paesaggi urbani viziati dalla visione di siti in costruzione, si è pensato di trasformare questo handicap in arricchimento abbellendo i luoghi delle città “under construction” con gallerie d’arte a cielo aperto.
Copenaghen, New York ma anche Milano hanno acquisito, così, intere aree dedicate a questa street art che, di fatto, hanno tolto zone intere da uno scontato anonimato fatto di ruspe e ponteggi.
Proprio Copenaghen, nei lavori di ampliamento della metropolitana, ha istituito il progetto Cool Construction: i pannelli che perimetrano i vari cantieri della città sono diventati delle tele per artisti nazionali ed internazionali che migliorano “il disturbo umano”. Lanciato nel 2011 con più di 100 progetti annui di laboratori urbani, richiama ogni anno visitatori “appositi” che giungono nella capitale danese proprio per vedere con i propri occhi questa forma d’arte.
Il distretto di Bushwick a Brooklyn, New York, invece, era una grossa ex area industriale che si è stata trasformata da enormi graffiti che accolgono i visitatori già alla fermata di Jefferson Street.
A Milano, i cantieri della Metropolitana blu hanno assunto le connotazioni di vere e proprie tele: non solo fango e disagio ma un gradevole rifugio per gli occhi.
La vena artistica non parte solo dall’ iniziativa pubblica ma anche dai diretti interessati dall’ intervento. A Padova, per esempio, un ristorante giapponese, ha dato un tocco di grazia al ponteggio che ricopriva la facciata del palazzo ricreando una sorta di galleria di fronde e fiori dalla duplice funzione: sicuramente è un modo per far notare l’esercizio commerciale altrimenti semi coperto ma, allo stesso tempo, per marchiare con un segno di indubbia piacevolezza all’occhio umano.
A Venezia, invece, fa da padrona la committenza: grandi restauri, soprattutto costosi, vengono spesso finanziati da enti o imprenditori che ricoprono, per tutto il tempo dell’intervento, l’opera con teli antipolvere brandizzati allo scopo di promuovere lo sponsor. Oppure, se c’è la volontà di dare la precedenza all’ arte, le immagini commerciali vengono sostituite da ricostruzioni 3D del risultato finale.
A conti fatti, abbattere l’ennesimo pregiudizio per un mondo, quello dell’edilizia, che viene considerato grigio e sporco, è già un passo in avanti. Se poi, con questa motivazione, viene aggiunta una forma artistica, è doppiamente arricchente.
La volontà di fare del bene, c’è, l’idea di far emergere nuove forme artistiche, anche: questo tipo di abbellimento urbano e la valorizzazione delle zone occupate dai cantieri sono la dimostrazione che “dal cemento posso nascere i fiori”.
Silvia Dassie
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