Maradona ci ha insegnato a sognare, unendoci nel segno di un giocatore che arrivava in porta palla al piede, in qualsiasi momento, da qualunque posizione del rettangolo verde.
Il dio del calcio è diventato unità di misura. A chiunque facesse bene, la gratificazione sarebbe arrivata a livello del Pibe de Oro, così come, invece, se qualcuno avesse tentato qualcosa di difficile, gli sarebbe stato detto: “Ma chi ti credi di essere? Maradona?”. Era solo pallone o no? Maradona, gara dopo gara, ci faceva vedere che il gradino tra mondo immaginario e vita vera era davvero piccolo, un piccolo livello da scavalcare. Bisognava “solo” fantasticare di più. E fu proprio il Pibe de Oro ad avvicinarci all’impossibile, da buon fuoriclasse quale era, ma al tempo stesso uno di noi.
L’arrivo al Napoli
È la stagione 1984/1985. Diego arriva in una giornata di pioggia in cui c’è in piano un’amichevole con lo scopo di raccogliere fondi per dei bambini gravemente malati. Tante storie contornano questa prima partita. Non c’era posto dove fare riscaldamento né gli spogliatoi. Nei video di repertorio si vedono un parcheggio e uno sterrato, case in lontananza, qualcuno che guarda dai balconi. Il Napoli si riscalda in mezzo alle macchine parcheggiate, Maradona fa piegamenti e comincia a muoversi come un pugile, saltella simulando di tirare ganci all’aria. Per comprendere a pieno chi è stato Maradona bisogna guardare il video di quell’incontro. La raccolta fondi era andata a buon fine, non c’era bisogno di rischiare neanche lontanamente un infortunio, bastava solo corricchiare e tutti sarebbero tornati a casa contenti. Non c’era, però, differenza tra una partita di campionato, una finale dei mondiali, un’amichevole, non per Maradona. Il Pibe de Oro giocò, inventò e incantò tutti.
La semifinale di Coppa Uefa, Bayern Monaco – Napoli
È la stagione 1988/89. Tutti abbiamo visto Maradona ballare, Youtube è pieno di video di quella sera. Io non definirei Maradona un’esibizionista, quando giocava ogni suo gesto appariva funzionale al gol, mai un dribbling che fosse vuoto di significato. Ugualmente non si mise a ballare, palleggiando sulle note di Life is Life, per farsi ammirare dai tifosi. A distanza di tempo, tutti si sono convinti che lo avesse fatto per stemperare la tensione anche per i suoi compagni di squadra. Era un modo per portare tutto sul piano del gioco, anche una partita così importante, proprio come i saltelli fatti nel parcheggio dell’amichevole di Acerra. Maradona balla, sorride e palleggia con ogni parte del corpo. Il pareggio eliminò il Napoli, ma il balletto di Maradona fu solo il prologo di quello che successe durante la gara: Diego costrinse a ballare 21 giocatori a sua scelta: con lui o a distanza, per chi non riusciva a stargli dietro.
Tutti conosciamo decine e decine di gol di Maradona
Nessuno ha potuto fermarlo dei dilettanti dell’Acerra, nessuno lo fermava tra i professionisti. Tutti conoscono i suoi gol, le sue azioni e gli assist, ma c’è un altro motivo per cui è indimenticabile: il rapporto in campo con gli altri calciatori. Non si è mai visto Maradona rimproverare un compagno, lo abbiamo sempre e solo visto incitare i suoi, da Luciano Sola ad Andrea Carnevale, da Giuseppe Bruscolotti a Bruno Giordano. Lo abbiamo visto applaudire Crippa dopo aver ricevuto un assist e fare la stessa cosa con De Napoli dopo i molti cross sbagliati. Lo abbiamo ammirato rialzarsi dopo i falli subiti come se nulla fosse, complimentarsi con gli avversari, sorridere nei momenti di grande tensione. Non era un giocatore che pensava per sé, pur essendo consapevole di essere il più forte di tutti. Sempre grato alla sua squadra, grato al pubblico.
Non tutto di questo giocatore si può spiegare, e tante domande rimarranno senza risposta, ma forse è meglio così. Come tutte quelle opere d’arte che ci piacciono proprio perché non le capiamo fino in fondo. Questa è solo una piccola parte della storia del Pibe de Oro. È una storia travolgente, irripetibile, difficile da raccontare. È una storia di sensazioni. Da bambini tutti abbiamo pensato che i giocatori come Diego fossero immortali, e in un certo senso, lo sono veramente.
“Ho letto uno striscione un anno fa in Argentina che diceva: Non importa cosa hai fatto della tua vita Diego, ma cosa hai fatto delle nostre”. [Pep Guardiola]
Costanza Falco
Leave A Reply