È per distacco la notizia della settimana: Conte ha ottenuto 209 miliardi per la ripartenza dell’Italia grazie al Recovery Fund. Finalmente, Dopo quattro giorni e quattro notti di intensi negoziati a Bruxelles, è nato il fondo comune europeo a sostegno dei Paesi membri. È la prima volta nella storia dell’Unione europea, che molti hanno definito una mossa di natura federale, al pari degli Stati Uniti. 750 miliardi di euro, di cui 390 di sussidi e gli altri 360 di prestiti e in generale il bilancio per i prossimi sette anni avrà un valore di 1.074 miliardi di euro. Il nuovo debito in comune dovrebbe indurre i Ventisette a creare nuove tasse europee in vista del suo rimborso. Come di consueto, il presidente Michel ha tenuto una conferenza stampa insieme alla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. Mentre l’ex premier belga ha messo l’accento sul carattere storico dell’intesa della notte, la signora von der Leyen ha voluto ricordare il percorso da ora in poi. L’accordo dovrà essere ratificato a livello nazionale per via della nuova clausola di indebitamento della Commissione e approvato dal Parlamento europeo.
Le trattative
La maratona negoziale è stata incredibilmente lunga perché i nodi arrivati sul tavolo dei leader erano numerosi. Poco alla volta sono riusciti a trovare una intesa nella quale tutti hanno dovuto accettare un compromesso. Ciò detto, una prima analisi mostra il ruolo influente, se non determinante, dei piccoli paesi che in circostanze come queste, nel quale l’accordo deve essere preso all’unanimità dei Ventisette, possono tenere sotto scacco il resto della compagine. Non per altro Francia e Germania hanno negoziato insieme. Sulla proporzione tra prestiti e sussidi distribuiti dal Fondo per la Ripresa, i due Paesi centrali hanno dovuto accettare di ridurre le loro aspettative: i sussidi non ammonteranno a 500 miliardi, ma a 390 miliardi, mentre i prestiti invece aumentano da 250 a 360. La nuova proporzione è soprattutto il risultato di cinque paesi – Austria, Olanda, Danimarca, Svezia e Finlandia – che volevano limitare il denaro a fondo perduto. Per ottenere il loro accordo vi è stato anche un forte aumento (in alcuni casi un raddoppio) dello sconto di cui godono in primi quattro paesi appena elencati. Sull’iter di approvazione dell’esborso del denaro del Fondo, l’Olanda ha dato battaglia perché ci fosse un voto unanime dei paesi membri. L’Aja ha dovuto accettare un compromesso che nell’iter coinvolge il Consiglio europeo, ma solo quando vi sono “deviazioni serie” rispetto agli impegni presi. Il Recovery Fund distribuirà risorse tra il 2021 e il 2023, e rimarrà in vita fino al 2026. Il rimborso del denaro preso a prestito deve iniziare dal 2027. Da qui ad allora, i Ventisette dovranno mettersi d’accordo per garantire al bilancio comunitario nuove risorse proprie. «Per la prima volta nella storia europea, il bilancio è collegato agli obiettivi climatici, per la prima volta il rispetto dello stato di diritto diventa una condizione per la concessione di fondi», ha spiegato il presidente Michel.
La fetta per l’Italia
Quanto al nostro Paese, sul fronte finanziario il governo Conte è riuscito a strappare circa 80 miliardi di sussidi e 120 miliardi di prestiti. Rispetto alla proposta della Commissione europea, l’ammontare dei sussidi rimane pressoché invariato perché è stata introdotta una modifica alla chiave di ripartizione che in qualche modo avvantaggia l’Italia, nonostante un calo delle sovvenzioni totali (da 500 a 390 miliardi). Il paese tuttavia dovrà accettare forme più intrusive nella gestione del denaro. A proposito proprio sull’idea di condizionare l’uso delle risorse europee al rispetto dello stato di diritto: il principio è stato fortemente annacquato su richiesta dell’Ungheria, sostenuta da Polonia e Slovenia. Il tema è particolarmente sentito dai paesi scandinavi, meno dalla Germania che ha dato l’impressione di non voler mettere in pericolo l’intesa sul bilancio comunitario insistendo su un tema particolarmente ostico e controverso.
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