Neanche il lockdown è riuscito a rallentare l’inquinamento terrestre e ora la situazione è più preoccupante che mai. Secondo uno studio pubblicato sul magazine «Nature Communications Earth & Environment» infatti siamo ad un punto di non ritorno per quanto riguarda lo scioglimento dei ghiacciai della Groenlandia. La rivista sostiene che, anche se si arrestasse il riscaldamento climatico, la calotta glaciale sarebbe ormai compromessa. Lo studio nasce da osservazioni trentennali della calotta glaciale presente sull’isola dell’oceano Atlantico. La ricerca afferma che ormai si è infranto l’equilibrio che, fino agli anni novanta dello scorso secolo, vedeva la neve accumulata compensare sostanzialmente la quantità di ghiaccio sciolto.
I dati
Nel 2019 la Groenlandia ha perso 1 milione di tonnellate di ghiaccio al minuto, in tutto 532 miliardi di tonnellate, segnando un record millenario. L’analisi di immagini e dati dei satelliti Grace della Nasa rivelano che i ghiacciai sciolti sono sprofondati nell’oceano, riempiendolo ogni secondo dell’equivalente di 7 piscine olimpioniche, innalzando ulteriormente il livello dei mari che già mettono in pericolo le aree costiere del mondo. In uno scenario di scioglimento totale della Groenlandia, il livello mondiale dei mari si innalzerebbe di 6 metri. Secondo Michalea King, ricercatrice presso il Byrd Polar and Climate Research Center, anche in caso di interventi mirati contro il riscaldamento globale, la calotta glaciale continuerebbe a sciogliersi: «Abbiamo preso in considerazione le osservazioni satellitari, le nevicate invernali non riescono a contrastare lo scioglimento del ghiaccio – dichiara King -. I ghiacciai si sono ridotti abbastanza da far sì che molti di loro si trovino in acque più profonde, il che significa che è aumentata la quantità di ghiaccio a contatto con l’acqua, che scioglie ulteriormente il ghiaccio e rende ancora più arduo il ritorno alle condizioni precedenti».
Un 2020 nero
L’Earth Overshoot Day è il giorno in cui l’umanità avrà esaurito tutte le risorse naturali che la Terra è capace di rigenerare in un anno. Nel 2020 si è calcolato il 22 agosto come data dopo la quale tutto ciò che consumiamo ‘lo rubiamo’ al pianeta, nonostante i tanti mesi con fabbriche e attività varie fermate dalla pandemia. È comunque slittato di tre settimane rispetto al 2019, a dimostrazione che con degli sforzi concreti e un impegno reale, non tutto è perduto.
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