Già da mesi è iniziata la corsa mondiale al vaccino. Dalla Russia agli USA, passando per la Cina e i paesi europei, tutte le nazioni più “potenti” stanno investendo nella ricerca per trovare la cura al Covid-19 e porre fine alla pandemia. Mai come ora la collaborazione fra gli scienziati procede senza barriere e a ritmo serrato. Ma è alle ripercussioni interne che guardano i leader al comando: se da una parte gli esperti sembrano cooperare al di là delle latitudini in un unico laboratorio di dimensioni planetarie, a livello dei singoli Stati si guarda prioritariamente ai riflessi dell’epidemia sull’opinione pubblica interna con i risvolti geopolitici conseguenti.
Il caso USA, tra elezioni e vaccino
Base di qualunque scenario è naturalmente la messa a punto di un ritrovato «sicuro ed efficace». Quali che siano i tempi immaginati un fattore cruciale è però la sua disponibilità su larga scala, terreno sul quale gli Stati Uniti si muovono da subito. I Center for disease control and prevention hanno notificato alle autorità sanitarie degli Stati americani e a cinque delle maggiori città statunitensi di prepararsi a distribuire il vaccino per il coronavirus ai lavoratori sanitari e ai gruppi a più alto rischio fra la fine di ottobre e gli inizi di novembre. Aprendo non pochi dubbi circa la tempistica con le elezioni presidenziali dietro l’angolo e un bilancio delle vittime che peserà fatalmente nella scelta per la Casa Bianca. Sgombrare il campo dai problemi che avrebbero potuto causare rallentamenti è stato un ulteriore obiettivo dell’amministrazione Trump. Secondo l’operazione «Warp Speed» il rischio finanziario di fallimento dei candidati vaccini parte del progetto sarà sostenuto dai contribuenti e non dalle società farmaceutiche.
Cina e Russia verso una soluzione
Dopo lo Sputnik V, il primo vaccino annunciato dalla Russia, prodotto dall’Istituto Gamaleya e a cui seguirà un secondo come annunciato da Vladimir Putin, anche la Cina ha registrato il suo primo vaccino contro la pandemia di Covid-19. Predisposto dalla CanSino Biologics con l’Istituto di Biotecnologie di Pechino, il preparato si chiama Ad5-nCoV e si basa sul materiale genetico del SARS-CoV-2 trasportato da un altro virus reso inoffensivo. Entrambi i candidati vaccini fanno parte della lista stilata dall’Oms di quelli in fase di verifica sull’uomo. Delle diverse sperimentazioni in corso il vaccino della CanSino è il primo ad avere raggiunto il traguardo: i tempi sono stati davvero da record, considerando che i risultati della prima delle tre fasi dei test erano stati pubblicati a fine maggio e che la terza e ultima fase deve essere di solito condotta su un numero molto grande di individui per avere le risposte sull’efficacia.
La situazione ad oggi
Sul piano complessivo la Cina conferma la sua ottima posizione in una gara il cui ritmo accelera costantemente e che vede al primo posto gli Stati Uniti. In base a dati aggiornati a fine agosto hanno un solo vaccino in fase di test clinici il Giappone, la Corea del Sud e l’Australia. Tre l’Europa, due dei quali legati all’Italia: sono il preparato dell’azienda biotech italiana ReiThera di Castel Romano con la tedesca Leukocare e la belga Univercells, e quello dell’Università di Oxford con AstraZeneca, le cui dosi sono prodotte in Italia dalla Irbm di Pomezia. Due, infine, sono i vaccini sviluppati in India in via di sperimentazione clinica. Dai rilevamenti fatti di continuo dall’Oms e dalla London school of hygiene and tropical medicine, i candidati vaccini sono in totale 236: 19 basati su Dna, 30 su Rna, 49 su vettore virale, 18 su virus attenuato o inattivato, 73 su proteine, 13 su particelle simil-virus (Vlc), e 4 che utilizzano altre piattaforme o di cui non abbiamo i particolari.
«Al momento ci sono cinque vaccini Covid-19 in fase 3 della sperimentazione clinica, di cui tre testati negli Usa (Moderna, Pfizer ed AstraZeneca) ed uno in Europa (AstraZeneca). Sono tutti vaccini molto promettenti, che hanno conferito ottima protezione nel modello animale e che hanno indotto la produzione di anticorpi neutralizzanti negli studi di fase 1 e 2», scrive il virologo Guido Silvestri della Emory University. «La tempistica prevista era che la fase 3 si esaurisse tra fine 2020 ed inizio 2021, con inizio distribuzione tra i gruppi a rischio tra Q1/Q2 2021 e uso di massa a primavera/estate 2021. Ma ora con questo annuncio del Cdc, che non è affatto una bufala, sembra che i tempi si siano accorciati di parecchio, con possibile inizio dell’uso nei soggetti a rischio (anziani, operatori sanitari, soggetti con malattie cardiovascolari e respiratorie croniche, etc) tra fine ottobre ed inizio novembre».
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