Il senso di colpa per gli sprechi colpisce anche il settore della moda, che non può rimanere insensibile alla percezione comune. Su solo due delle sette copertine di Vogue Italia di gennaio appaiono degli abiti, ed entrambi sono opera di Kezako Paris, che propone dal 2015 vestiti di moda sostenibile. È la prima volta in assoluto che il mensile mette in copertina un marchio così, non a caso il numero è dedicato agli animali e al “riportare l’attenzione, dopo i mesi passati in casa, sulla dimensione naturale, sull’emergenza ambientale che il dramma della pandemia non ha certo reso meno urgente”, dichiara Emanuele Farneti nell’editoriale.
Ecostenibilità di lusso
Il riuso creativo abbraccia, forte dei tempi che corrono, anche le passerelle. È una questione di ecosostenibilità e insieme di necessità di consumare ed inquinare di meno. Si tratta però anche di voglia di nuove sfide, in un mondo, quello della moda, dove tutto, o quasi, è già stato inventato. Qualcosa si recupera dal passato, che soffre della patina del tempo, per dare vita a novità inaspettate. A qualcosa di simile ci aveva già pensato tempo fa Martin Margiela, che negli anni ’90 con il suo team creativo faceva acquisti di articoli vintage in boutique di second hand per dargli una seconda vita, ricreandoli meticolosamente. John Galliano, l’attuale direttore creativo della casa di moda, ha fatto un passo avanti con la linea Recicla, dove a vecchi capi di epoche passate viene data una nuova opportunità di vita. Si è detto “emozionato di poter dare una seconda chance, attraverso l’upcycling, a questi pezzi, visto che di abbigliamento ne abbiamo fin troppo nel mondo!”.
Giro di negozi vintage
Anche il team creativo di Miu Miu, proprio come quello di Margiela, ha fatto di recente un giro tra i negozi vintage di tutto il mondo. La piccola collezione Upcycled by Miu Miu racchiude ottanta abiti che nascono dall’abbigliamento realizzato tra gli anni ‘30 e ‘80, rivisto alla maniera di Miuccia Prada. Ogni pezzo della collezione è unico, la personalizzazione permette di attraversare gli anni e di indossare sempre qualcosa di speciale.
Alle sfilate
Marine Serre ha debuttato ufficialmente alle sfilate autunno/inverno 2018. In questi anni la sua creatività si è sempre legata al riuso. Durante il lockdown, ha condiviso buona parte dei suoi esperimenti in un video pubblicato su Youtube, Moquette, asciugamani, vecchie T-shirt: nulla è stato risparmiato dalla trasformazione. “Quando ho iniziato questo percorso” – racconta la stilista – “la risposta è stata deludente, però, poi, anche l’interesse su Instagram è aumentato considerevolmente. E per la primavera 2021 i tessuti rigenerati sono circa il 45% della produzione”. A tutti è rimasta impressa una gonna nata da un tappeto con frange.
Il brand Là Fuori, invece, si differenzia per il fatto che il 30% della produzione è realizzato da artigiane in giro per il mondo ed è interamente sostenibile. Necessità fa virtù, soprattutto in tempi di lockdown, in cui le aziende non lavorano a pieno regime. È proprio tra rotoli di tessuti inutilizzati e tra scampoli avanzati e dimenticati che si nasconde il genio creativo, Burberry ne sta incentivando la crescita. Grazie a una partnership col British Fashion Council, gli avanzi di produzione saranno donati agli studenti di moda più bisognosi.
Il gran senso di colpa per gli sprechi, insomma, colpisce anche la moda, anzi, la può rendere davvero virale grazie ai modi accattivanti ed attraenti con cui può dare nuova vita e funzionalità a ciò che è stato.
Costanza Falco
Leave A Reply