Perché l’argomento dell’omosessualità o della transessualità deve essere un taboo per i bambini? Siamo stati abituati all’idea che i più piccoli debbano rimanere chiusi in una bolla di ingenuità. Il tema genera spesso pregiudizio. L’ignoranza in materia, inoltre, sicuramente non aiuta e il fatto che l’educazione sessuale non rientri tra gli insegnamenti scolastici non assolve
Parlare ai bambini di identità di genere
“Aprire la mente ai più piccoli è importante, soprattutto se certi temi come l’identità di genere”, ha affermato la psicologa e psicoterapeuta Maddalena Mosconi, responsabile dell’Area minori del Saifip (Servizio di adeguamento tra identità fisica e identità psichica) dell’ospedale S. Camillo-Forlanini di Roma. Proprio per questo motivo ha scelto di scrivere la premessa de Quando un bocciolo si sente gemma – una favola per raccontare la disforia di genere, in cui Elena Marchesini ha deciso di raccontare la storia della presa di consapevolezza di una bambina transgender.
La favola parla di un piccolo bocciolo di giacinto che si rende conto di essere una gemma di margherita e trae ispirazione dalla vita di Parisa, una bimba di 10 anni, che fin da piccola capisce di essere una femmina e non un maschio. Attraverso la metafora dei fiori, il tema di genere viene affrontato con delicatezza e semplicità raccontando tutte le fasi di questo difficile percorso: in primo luogo la consapevolezza di non riconoscersi nel corpo in cui si è nati, in secondo luogo la dichiarazione alla mamma, fino al dialogo tra i genitori e la richiesta dell’aiuto di un esperto, nell’opera il “Gran ciliegio”, nella realtà uno psicologo. Nel prato di fiori descritto, ci sono fiori bassi, alti e grassi. “Ma nessuno gli dice ah, ma allora tu non sei un fiore“, ha sottolineato l’autrice. Come nel prato, anche tra i bambini non ci sono discriminazioni e pregiudizi.
L’importanza di conoscere
Insegnante della scuola dell’infanzia, l’autrice sa davvero bene come rivolgersi ai bambini: “In questo momento c’è un grande bisogno di informazione. Quando ho scelto la favola ho pensato alla figlia della mia amica e ai suoi compagni di classe che non sapevano nemmeno cosa fosse una bambina transgender e ho capito che dovevo trovare un modo per spiegarglielo”. I più piccoli però non sono l’unico pubblico a cui si rivolge l’opera, infatti, la lettura è consigliata anche agli adulti: “I bimbi non hanno pregiudizi, giocano con tutti, invece, noi dimentichiamo di accettarci senza discriminazioni”.
Una formazione corretta impedisce l’insorgere di pregiudizi. Ecco perché è molto importante un intervento precoce da parte di professionisti. Per fortuna, però, ad oggi qualcosa sta cambiando nella sensibilità e nella nostra cultura, sono sempre più le famiglie che decidono di supportare i figli in questo cammino. “Dal 2019 al 2020 il numero di utenti che hanno aderito al nostro servizio è aumentato del 38%, come è accaduto in tutti gli altri centri del mondo simili al nostro”.
Il termine “disforia”
Nonostante la scrittrice non abbia sperimentato sulla propria pelle cosa significhi non riconoscersi nel proprio, ammette di aver ricevuto diversi feedback positivi parlando con tanti ragazzi e ragazze transgender. L’unica critica è stata rivolta alla parola “disforia”, utilizzata nel titolo. È letteralmente il termine medico con cui si indica l’incongruenza di genere; negli ultimi tempi, però, si preferisce esprimersi con “varianza di genere”, perché disforia è usato anche in psichiatria per indicare i disturbi mentali. Fino a poco tempo fa, la transessualità era inserita tra le patologie mentali: nella 72a Assemblea mondiale della sanità, però, l’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) ha finalmente classificato la transessualità come una “condizione di salute sessuale”.
Costanza Falco
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