Dopo una fase di incertezza iniziale, dovuta all’eccezionalità del caso, quasi tutti i Paesi del mondo hanno optato per la quarantena. Una misura necessaria per contrastare la diffusione del coronavirus. Una scelta cautelare che ha quantomeno evitato gli assembramenti e le relazioni sociali non necessarie. Ma ci sono anche degli effetti collaterali, come quelli che riguardano i reati. Le restrizioni sugli spostamenti, con varie sfumature, sono presenti nella stragrande maggioranza dei paesi. Sembra che fra le altre cose abbiano limitato di parecchio la possibilità di compiere alcuni reati molto comuni fra cui rapine, furti, omicidi.
I dati dal mondo
In alcune delle città più violente degli Stati Uniti, che da qualche settimana sono diventati il paese più colpito al mondo dalla pandemia, le autorità hanno diffuso dati piuttosto significativi. A Chicago gli arresti per traffico di droga sono scesi del 42 per cento dall’inizio delle restrizioni. A Los Angeles diversi dati sulla criminalità sono calati del 30 per cento rispetto allo stesso periodo del 2019. Mentre a New York – dove è attivo il focolaio più grave del paese – diversi reati violenti come omicidi, stupri, rapine e aggressioni sono calati del 12 per cento da febbraio a marzo.
A El Salvador, un paese dell’America Centrale che di norma ha il tasso di omicidi più alto al mondo, a marzo sono stati registrati 65 omicidi per una media di due al giorno. Un dato estremamente basso considerato che alcuni anni fa in certi mesi se ne contavano circa 600. Simili riduzioni sono state registrate anche in Sudafrica e nel Regno Unito, fra gli altri.
Anche in Italia diversi tipi di reati violenti sono drasticamente diminuiti. Secondo i dati del ministero dell’Interno diffusi alla fine di marzo, nelle prime tre settimane del mese i tentati omicidi sono diminuiti del 50 per cento rispetto allo stesso periodo del 2019. Mentre i furti sono calati del 67,4 per cento, le rapine del 54,4 per cento e gli incendi del 76,7 per cento.
L’altro lato della medaglia
Purtroppo non tutti i reati sono calati. Da settimane gli esperti di sicurezza informatica segnalano diversi attacchi coordinati a siti istituzionali e privati. Inoltre siamo costretti a rimanere a casa più del dovuto e, anche se non dovrebbe essere una conseguenza, la realtà è che i casi di violenza domestica sono in aumento. La coesistenza obbligatoria può diventare un pericolo per le donne vittime di violenza di genere. Restare a casa e condividere costantemente lo spazio con i propri aggressori per molte donne potrebbe non essere l’opzione più sicura. Il tutto per creare creare anzi le circostanze in cui la propria incolumità viene ulteriormente compromessa.
Alcuni dati diffusi nelle ultime settimane sembrano confermare questi timori. A Parigi, i dati sono di fine marzo, in una settimana gli abusi domestici sono aumentati del 36 per cento rispetto a quella precedente. Mentre in Inghilterra e in Galles le segnalazioni sono aumentate del 3 per cento dall’inizio delle restrizioni sui movimenti. Ieri, inoltre, l’associazione italiana D.i.Re, che riunisce 80 centri antiviolenza in Italia, ha diffuso alcuni dati sulle richieste d’aiuto ricevute tra il 2 marzo e il 5 aprile. Sono state 2.867, il 74,5 per cento in più rispetto alla media mensile del 2018, l’ultima rilevata.
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