Perché non tiene in mano la testa del suo stupratore Poseidone? Perché Medusa è bianca, magra e depilata? Perché è stata scolpita da un uomo? Sono solo alcune delle domande che hanno riguardato l’istallazione della statua di Medusa. La Furia che tiene in mano la testa decapitata di Perseo è stata eretta a New York davanti al tribunale dove è stato condannato Harvey Weinstein e vi resterà per sei mesi. È sicuramente una scelta simbolica, che – tuttavia – non ha incontrato il favore di tutti, anzi è stata accolta con molte critiche. L’opera dell’artista italoargentino Luciano Garbati rovescia il mito greco di Medusa, qui vincitrice al posto dell’eroe Perseo, e la sua nota scultura realizzata da Benvenuto Cellini che, esposta a Firenze, mostra appunto la Medusa decapitata.
La Medusa che uccide Perseo è simbolo del #metoo
Un cambio di prospettiva dirompente, si è deciso appositamente di installare la scultura in un luogo altrettanto simbolico. Esprime la forza della sopravvivenza, in particolare di tutte quelle donne che hanno subito abusi. Weinstein, l’ex re di Hollywood che sfruttava la sua posizione per approfittare di donne che sognavano di fare carriera nel mondo del cinema, è stato condannato a ventitré anni con le accuse di stupro e altri crimini sessuali proprio all’interno del tribunale fuori dal quale campeggia la scultura.
Accoglienza fra critiche e riserve
La mitologia greca narra che Medusa fu stuprata da Poseidone, invece che essere punito il dio, però, la colpa ricadde su di lei, che venne trasformata in un animale mostruoso con serpi al posto dei capelli. Fu esiliata e morì decapitata per mano di Perseo, che sfoggiò la sua testa su uno scudo come trofeo.
L’installazione dell’opera, realizzata nel 2008, ma divenuta famosa come simbolo del #metoo nel 2018, è stata accolta con riserva soprattutto da alcuni gruppi di femministe che condannano la scelta di un artista uomo e il fatto di aver voluto scolpire Medusa con le fattezze di una donna europea mentre il movimento di denuncia di abusi sessuali è partito grazie all’attivista nera Tarana Burke. Lo scultore ha ribattuto che l’opera, che fu concepita nell’ambito del progetto MWTH della fotografa Bek Anderson, era parte di una rilettura degli immaginari classici. Nello specifico, Garbati si è occupato di reinterpretare la Medusa di Cellini, mettendo il suo autoritratto al posto della testa di Perseo. Il New York Times critica la rappresentazione, che accusa direttamente l’uccisore della Furia, ma non il suo violentatore. In questo caso, volendo denunciare gli abusi e ribadire la necessità di giustizia per le vittime di stupro, sarebbe stato più indicato che Medusa tenesse in mano la testa decapitata del dio Poseidone. Non solo. Ha suscitato dubbi anche la nudità della Medusa, il suo fisico da modella ben scolpita e il fatto che sia depilata.
Costanza Falco
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