Da uno studio di ricerca condotto dalla Purdue University, Yale University e Massachusetts Institute of Technology è emerso quanto basti poco per diminuire l’impatto della vita digitale. Sono state calcolate le emissioni dello streaming, il consumo di risorse idriche e il verde che sarebbe necessario per bilanciare le nostre operazioni online.
I video sono sicuramente quelli che consumano maggiormente, specie se in streaming dal momento che coinvolgono anche server che devono mandare o smistare il flusso dei dati che li compongono. Maggiori sono le dimensioni dello schermo, maggiori sono le emissioni possibili di gas serra. Ad ogni modo non si tratta solamente di CO2, le infrastrutture del Web occupano anche terreno e consumano molte risorse idriche. Lo studio ha provato a dare un’idea delle dimensioni di tale problema. I ricercatori hanno calcolato sia lo sfruttamento delle risorse naturali sia l’impronta di carbonio della Rete partendo da alcuni esempi concreti.
“Se ci si concentra solo su un aspetto, le emissioni di carbonio, non ci si rende conto del reale impatto ambientale”, ha affermato Roshanak Nateghi, professore di ingegneria alla Purdue. “A volte basterebbe poco per migliorare la situazione”. Secondo il professore, lasciare ad esempio la fotocamera spenta durante una chiamata online ridurrebbe l’impatto del 96%. Nello streaming, invece, se si adotta la definizione standard al posto di quelle più elevate, la riduzione è dell’86%.
Ridurre i consumi e limitare l’impatto ambientale
Alcuni Paesi, stando ai ricercatori, avrebbero registrato un aumento di almeno il 20% del traffico Internet da marzo. Se la tendenza proseguirà fino alla fine dell’anno 2021, per bilanciare le emissioni di una tale crescita sarà necessaria una foresta di 115 mila chilometri quadrati, esattamente cinque volte la superficie del Lazio, oltre ad una massa d’acqua per gli impianti di climatizzazione sufficiente a riempire 300mila piscine olimpioniche.
Il gruppo guidato da Roshanak Nateghi ha stimato le impronte di carbonio, consumo di acqua e territorio per ogni gigabyte di dati usati su YouTube, Zoom, Facebook, Instagram, Twitter, TikTok e altre 12 piattaforme. Come previsto, maggiore è il numero di video utilizzati, maggiore è l’impatto. Fra TikTok, Facebook e Netflix è quest’ultima ad indossare la maglia nera. La stessa Netflix già dal 2019 ha avviato una serie di misure in quindici Stati degli Usa e venti Paesi nel resto del mondo per ridurre i consumi e limitare l’impatto ambientale.
“L’impronta di carbonio di Internet era già aumentata prima della pandemia, arrivando a rappresentare circa il 3,7% delle emissioni globali di gas serra. Ma l’assorbimento idrico e l’occupazione del territorio dell’infrastrutture del web, sono state ampiamente trascurate”, ha detto Kaveh Madani dello Yale MacMillan Center.
Le emissioni dello streaming? “Una questione di definizione”
L’elaborazione e la trasmissione di dati negli Stati Uniti ha un’impronta di carbonio superiore del 9% rispetto alla mediana mondiale, tuttavia il consumo di acqua e terra è inferiore rispettivamente del 45% e del 58%. Anche se la Germania, leader mondiale nelle energie rinnovabili, ha un’impronta di carbonio ben al di sotto della mediana mondiale, la sua impronta di acqua e terra è invece molto più alta.
Sono gli stessi ricercatori ad ammettere che si tratta di stime approssimative, però ritengono possano servire per far luce su una tendenza e portare una comprensione maggiore dell’impatto del web, che resta ancora sostanzialmente privo di un calcolo certificato dei consumi.
Costanza Falco
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