Continuano le polemiche nei confronti dell’OMS, l’organizzazione mondiale della sanità, accusata di aver gestito pessimamente la pandemia da coronavirus. In questi mesi abbiamo sentito i pareri più disparati da parte degli esperti del settore, medici e scienziati. C’è chi sostiene che i guanti siano necessari, chi invece li ritiene dannosi; c’è chi pensa che basti la mascherina per proteggersi dal contagio, chi invece sostiene che sia fondamentale il distanziamento sociale.
Polemiche continue
Discussioni anche su sintomatici, asintomatici, possibilità di contagio, quarantena o non quarantena…insomma, un mix di opinioni spesso in contrasto l’una con l’altra. In questa confusione generale, l’OMS avrebbe dovuto essere una sorta di faro in mezzo alla tempesta, una fonte attendibile a cui affidarsi nei momenti di smarrimento. Invece, sono state fin troppe le uscite a vuoto, le contraddizioni, le smentite e gli errata corrige. Non mancano le attenuanti; del resto, nessuno poteva prevedere una pandemia di queste dimensioni. Ma il malcontento nei confronti di questa istituzione rimane, e molto diffuso. “L’Oms è un baraccone che va smontato e rifatto da capo”, ha sentenziato il virologo Andrea Crisanti. In un tweet il collega Roberto Burioni l’ha definita “sempre più deludente”.
E se il vicepremier nipponico Taro Aso l’ha ribattezzata con sarcasmo “Organizzazione cinese della sanità”, il Wall Street Journal ha preferito l’epiteto “Disinformazione mondiale della sanità sul coronavirus”. Come se non bastassero le critiche, martedì Donald Trump ha formalizzato il ritiro degli Stati Uniti, finora il principale finanziatore dell’agenzia, che da tempo deve fare i conti con un budget risicato. Il destino dell’Oms si fa sempre più incerto proprio in un momento in cui avremmo bisogno di una guida affidabile per coordinare gli sforzi globali contro la pandemia, che ormai viaggia al ritmo di oltre 200mila nuovi contagi al giorno.
Temporeggiare è stata una delle cause delle critiche (ma c’è un motivo)
In questi mesi le critiche all’agenzia guidata da TedrosAdhanomGhebreyesus sono state feroci e su più fronti. In primis il ritardo nel rispondere all’emergenza, con la dichiarazione di pandemia arrivata solo l’11 marzo, quando ormai Sars-Cov-2 aveva contagiato oltre 100mila persone in mezzo mondo, a cui si aggiunge l’accusa di aver ignorato per settimane le prime evidenze sulla trasmissione da persona a persona. Quindi il biasimo per aver fornito informazioni contraddittorie sulle misure da adottare (le mascherine? inutili, necessarie, raccomandate, boh). Infine l’insinuazione di essere filocinese, con Tedros intento a lodare la trasparenza del governo di Pechino mentre, a detta dell’amministrazione americana (e non solo), la Cina cercava di insabbiare ciò che stava realmente accadendo a Wuhan.
Anziché occuparsi di salute pubblica, l’Oms si sarebbe così lasciata invischiare in faccende politiche. Ma da che mondo è mondo, ogni epidemia è anche una faccenda politica. Negarlo sarebbe davvero ingenuo. La diplomazia internazionale fa parte del gioco, tanto più che l’Oms ha le mani legate. Rispetto ad altri organismi delle Nazioni Unite, come per esempio l’Organizzazione mondiale del commercio, non può fare la voce grossa con gli Stati che non rispettano gli accordi perché, oltre a dipendere dai loro finanziamenti, non ha alcuna autorità sulle decisioni dei governi nella gestione dell’emergenza.
Niente ispezioni
L’Oms non può neppure fare ispezioni, perciò accusare Tedros di essersi recato a Pechino solo in febbraio non alcun ha senso, visto che senza invito non avrebbe potuto mettere piede nel Paese. L’unico strumento a disposizione per convincere un governo riluttante a cooperare è la diplomazia. Se avesse infatti accusato pubblicamente la Cina di scarsa trasparenza o avesse dato del bugiardo a Xi Jinping, difficilmente avrebbe ottenuto quelle informazioni sul nuovo coronavirus di cui il mondo aveva disperato bisogno. Può piacere oppure no, ma è così che funziona.
Non sempre l’Oms ha avuto il coraggio necessario, ma non ha mai sminuito il rischio, né la possibilità che il mondo dovesse affrontare lo scenario peggiore. Se talvolta ha preso posizione con ritardo, è stato probabilmente per un eccesso di cautela diplomatica. È sempre un errore, certo. Ma nel complesso l’Oms resta un faro nella comunicazione del rischio. Ha saputo tenerci informati in modo trasparente, puntuale, articolato, senza mai negare l’incertezza e con il necessario grado di empatia. Considerando la sfilata di premier negazionisti che ci è passata sotto gli occhi – da Xi Jinping a Donald Trump, da JairBolsonaro a Boris Johnson – lunga vita all’Oms
Errori di comunicazione e troppo caos
L’istituzione sanitaria ha anche dovuto fronteggiare delle situazioni di sostanziale concorrenza: La rivista Science non esita a parlare di “uno tsunami di articoli scientifici” che cresce al ritmo di oltre 5mila alla settimana, rendendo umanamente impossibile persino riuscire a leggerli tutti. Lavori non sempre solidi, spesso contradditori e ormai annunciati ai media prima ancora di essere pubblicati, talvolta persino prima di condividere le bozze preliminari sugli archivi online come medRxiv e bioRxiv che offrono il libero accesso ai cosiddetti pre-print.
A questi si sono aggiunti 239 scienziati, che hanno deciso di cofirmare una lettera con lo scopo di invitare l’Oms a rivedere le linee guida sul contagio per via aerea che, secondo i firmatari, oltre alle goccioline di muco e saliva espulse con tosse o starnuti, può essere causato anche dall’aerosol emesso parlando o respirando. L’accusa è che ormai le verità scientifiche siano evidenti e l’Oms non le stia recependo con la celerità necessaria. Verità che, per i motivi prima esposti, non possono essere considerate tali. In tempi di emergenza si vuole tutto e subito, ma spesso la fretta gioca brutti scherzi e si rischia solo di peggiorare la situazione.
Un protocollo sbagliato
Sicuramente l’Oms ha sbagliato completamente il protocollo di comunicazione, attirandosi facili polemiche. Prendiamo quella sugli asintomatici, forse la più eclatante che nelle ultime settimane ha investito l’Oms. Il caso è scoppiato l’8 giugno quando, a margine di una conferenza stampa, Maria Van Kerkhove, responsabile tecnico dell’Oms, si è lasciata sfuggire che la trasmissione del coronavirus da persone asintomatiche sarebbe “molto rara”. Si trattava evidentemente di un malinteso, un misunderstanding però fatale per la già minata credibilità dell’agenzia di Tedros. Il ruolo degli asintomatici non è affatto chiaro come si vuol far credere: se infatti è ben documentato che le persone senza sintomi possono trasmettere il contagio, non è chiaro quanto spesso accada o che peso abbiano i pre-sintomatici.
Difendere l’Oms
Se è vero che molte critiche sono pretestuose, il problema di fondo resta: l’Oms non è indipendente, sopravvive con un budget ridicolo e non ha alcun potere per fare rispettare gli accordi internazionali. Forse non ha tutti i torti chi l’accusa di essere un carrozzone di burocrati bisognoso di profonde riforme. Come ha spigato a Vox Simon Fraser della University in British Columbia, quando il peggio sarà passato, la comunità internazionale si troverà di fronte a una scelta. Smantellare l’Oms e difendere ciascuno il proprio fortino, oppure rinunciare a parte della propria sovranità nazionale e affidare alla cooperazione la risposta alla prossima pandemia.
Settant’anni fa, sulle macerie della Seconda guerra mondiale, abbiamo dato all’Oms il compito di coordinare gli sforzi contro le minacce per la salute, di prevenire la diffusione delle malattie e di sostenere l’assistenza sanitaria universale. Se verrà scoperto un vaccino, toccherà all’Oms il compito di organizzare la distribuzione di miliardi di dosi e negoziare un prezzo equo affinché possano essere accessibili anche ai Paesi più poveri. Come ha confidato alla Cbc Anthony Fauci, l’esperto di punta della task force scientifica sul coronavirus del governo statunitense, “l’Oms sarà pure un’organizzazione imperfetta, e in questi mesi ha commesso qualche passo falso; ma ha fatto anche molte cose giuste e il mondo ha ancora bisogno della sua guida”.
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