Il calciatore simbolo dei Mondiali dell’82 se ne va. Dall’esordio a nove anni con il Santa Lucia di Prato al Totonero, da Italia-Brasile 3a2 al Pallone d’Oro.
Paolo Rossi fu un raffinatissimo melodramma: un uomo che prese la sua tragedia personale e la trasformò in tragedia per gli altri. L’unico modo per scansarla. Paolo Rossi negli ’80 venne accusato e condannato per aver aggiustato una partita, Avellino-Perugia. Fu l’estate in cui il calcio italiano perse la sua innocenza. Alla sbarra, in giacca e in bianco e nero, fotografati con lui Enrico Albertosi e Lionello Manfredonia. Raccontò lui stesso la vicenda. Una sera stava giocando a tombola, quando venne chiamato da un compagno che lo invitò a conoscere due persone. Avevano l’accento romano, gli chiesero cosa voleva fare domenica. “Beh, cerchiamo di vincere”, lui. “E se invece pareggiate?”, l’altro. Insomma, in ogni perfetto melodramma c’è una tragedia indecifrabile, sincera o no, e questa fu quella di Pablito, che venne condannato a due anni fuori dagli stadi.
C’erano i Mondiali nell’82
Paolo Rossi, dopo lo stop, venne convocato per miracolo. In Spagna: le prime tre partite tutte pareggiate. L’unico motivo per cui Rossi fa parlare di sé è l’amicizia con il compagno di stanza Antonio Cabrini. Un giornalista italiano scrive, pensando di fare una battuta simpatica, che i due si affacciavano al balcone mano nella mano. La notizia falsa corse velocemente su tutte le agenzie di stampa del mondo. La caccia ai giocatori omosessuali di oggi è solamente una pallida replica.
In quell’impasto di melodramma, Paolo Rossi segna tre gol al Brasile tutti insieme. Sono 90 minuti di sinfonia: le divise blu noi, gialle loro, l’erba irregolare del Sarrià, il sole delle 17, le pubblicità delle sigarette e il fisico piccolo di Paolo Rossi. Uno che “aveva la grazia del ballerino e la spietata freddezza del torero”. Iniziava a smarcarsi e a progettare il gol quando ancora non aveva la palla, quel che serviva per avere due metri di spazio libero, ricevere e provare a segnare. “Non ho avuto dalla sorte un gran fisico e mi debbo far furbo”, diceva. Si fa furbo non una, ma tre volte, rispondendo costantemente al Brasile che pareggia.
Tutto il resto è storia di generazione
Altri due gol alla Polonia in semifinale, uno alla Germania in finale, l’esultanza di Tardelli, la pipa di Perini, la partita a scopone sull’aereo. Paolo Rossi vinse il Pallone d’Oro, poi furono “piccoli dettagli o grandi remake”. Un’autobiografia, il vino fatto in casa, una carriera da opinionista tra Mediaset e Rai, un gruppo Whatsapp con i Ragazzi dell’82 e tante leggende attorno a lui. Qualcuno ancora oggi confonde le date ed è convinto che De Gregori, quando nel 1975 in Pablo canta “hanno pagato Pablo/Pablo è vivo”, e ci mette pure gli applausi registrati, si riferisse proprio a Paolo Rossi, alle partite aggiustate e a quell’estate durante la quale, nonostante tutto, Pablito s’era risvegliato, vivo. È magnifico anche se non ha senso, tanto quanto non ne ha l’estate spagnola dell’82.
Costanza Falco
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