Una vecchia pubblicità della Nike recitava: “Italy’s goalkeeper: easiest job in Europe”. La faccia di copertina su questo iconico cartellone era quella di uno dei difensori più forti e vincenti della storia del calcio internazionale. Stiamo parlando ovviamente di Paolo Maldini, che il 26 giugno scorso ha festeggiato 52 anni. Una carriera strepitosa, vissuta sempre con la maglia del Milan addosso. La sua leggenda inizia il 20 gennaio 1985 contro l’Udinese, dove l’allora allenatore Nils Liedholm decide di farlo esordire nonostante i soli 16 anni di età. Ennesimo segnale inequivocabile che si trattava davvero di un predestinato, e non solo perché figlio del grande Cesare, altra bandiera rossonera con 412 presenze con il “Diavolo”. La speranza per i tifosi del tempo era che il giovane Paolo potesse ottenere almeno la metà dei successi colti dal papà Cesare. È riuscito a fare anche meglio.
Storia di un vincente
Già dal suo secondo campionato, nella stagione 1985/86, Maldini diventa il padrone della maglia numero 3 e pochi anni dopo della fascia di capitano, ereditata da un certo Franco Baresi. Un giocatore estremamente eclettico, che ha sempre ricoperto senza problemi tutte le posizioni difensive. Terzino destro, terzino sinistro e infine centrale. Interpretazione del ruolo sempre elegante, riusciva ad abbinare tecnica e fisicità ma faceva impressione soprattutto per la scelta di tempo degli interventi, quasi sempre puliti sul pallone. Alla fine ha giocato 902 partite (novecentodue!) con la maglia numero 3 dei rossoneri, poi ritirata in suo onore finché non arriverà un altro Maldini degno di indossarla dopo nonno Cesare e papà Paolo.
Con i compagni di reparto Baresi, Tassotti e Costacurta ha formato una delle linee difensive più forti della storia del calcio, tanto da essere ancora nella memoria di molti amanti del pallone a prescindere dalla fede calcistica. Il palmares parla per lui: 26 trofei vinti con il Milan, di cui buona parte da capitano. Tra questi 26 trionfi anche l’onore di sollevare la bellezza di 5 Champions League. Ovviamente è primatista assoluto di presenze con i rossoneri, mentre in Serie A sarà superato a giorni da Gigi Buffon e in Nazionale già una decina di anni fa Cannavaro ha battuto i precedenti record firmati Maldini.
La capacità di rialzarsi
Proprio con la Nazionale Paolo “cuore di drago”, come è stato soprannominato dal giornalista Carlo Pellegatti, vive probabilmente le sconfitte più cocenti della sua carriera. Gli azzurri infatti si piazzano al secondo posto sia ad USA ’94, perdendo la finale del mondiale contro il Brasile ai rigori col famoso errore dal dischetto di Roberto Baggio, sia ad Euro 2000, condannati nei supplementari dal golden goal segnato dal francese Wiltord.
Maldini in carriera perde anche 3 finali di Champions, tra cui la clamorosa notte di Istanbul in cui il capitano segna dopo neanche un minuto di gioco illudendo i tifosi rossoneri, prima della rimonta del Liverpool da 3-0 a 3-3 che consegna la coppa ai Reds dopo i rigori. Ma Maldini non sarebbe diventato Maldini se non avesse avuto la forza di reagire in questi momenti così bui. Se con l’Italia non è riuscito ad avere una rivalsa, col Milan invece, appena 2 anni dopo quella finale maledetta, ad Atene il destino mette di fronte ancora il Liverpool. Stavolta la vittoria è rossonera, la vendetta è servita. Paolo può sollevare l’ennesimo trofeo della sua carriera. Lo stesso anno, il 16 dicembre 2007, vince il mondiale per Club che si rivelerà essere l’ultima coppa per il numero 3.
Negli ultimi anni si toglie lo sfizio di tagliare il traguardo delle 1000 presenze da professionista e delle 647 presenze in serie A. Nemmeno una lista infinita di riconoscimenti personali, tra cui anche un terzo posto nella classifica del Pallone d’oro 1994, riescono a definire la grandezza di questo campione. Dice addio al calcio il 31 maggio 2009 contro la Fiorentina dopo 25 anni di carriera. Una bandiera rossonera, una leggenda del calcio. Attualmente ricopre la carica di direttore tecnico, manco a dirlo del Milan. Perché certe storie non hanno mai davvero una fine.
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