Il 6 giugno è stata la giornata dedicata al parto domiciliare. Quando i bambini hanno fretta di venire al mondo e per andare in ospedale ormai è tardi. Ma spesso è anche una scelta. Ci sono coppie che lo preferiscono per avere più intimità. Mentre altre perché lo ritengono più naturale. O magari perché dopo un’esperienza in ospedale, positiva o negativa, si è preferito provare altro, in un ambiente sicuro. Fermo restando che il supporto di medici esperti e strutture specializzate rimane fondamentale anche post parto.
“Lavoriamo molto con le coppie sulla continuità anche con le strutture ospedaliere in caso ce ne sia bisogno. Il messaggio che diamo alle mamme e ai papà che scelgono di far nascere il figlio in casa è che è un percorso che si costruisce assieme in un’ottica di sicurezza e personalizzazione”, ammette Lisa Forasacco presidente di Nascere in casa, un’associazione nazionale di ostetriche che si occupa di nascite a domicilio. Perché il messaggio ancora più ampio che arriva da chi si occupa di questo per mestiere, continua Forasacco, è chiedersi continuamente. E’ questo il luogo migliore per questo bambino per nascere? Ed essere pronti, all’occorrenza, a modificare i piani.
Una scelta su cui ragionare
Ma il parto in casa, di cui il 6 giugno si è celebrata la giornata internazionale, è un percorso che inizia ben prima del travaglio. In cui la continua attività di monitoraggio portata avanti dalle ostetriche comincia precocemente, non oltre le 32 settimane di gestazione. E in qualsiasi momento prima, anche appena scoperto di aspettare un bambino.
“In condizioni ideali la presa in carico non dovrebbe avvenire oltre. E questo perché serve tempo per costruire una buona relazione tra la donna, la famiglia e le ostetriche, che consenta di elevare il potenziale di salute – sotto tutti gli aspetti – al massimo e che metta insieme appropriatezza e sicurezza. Il tutto dando spazio ai desideri della donna – riprende Forasacco – questo tempo di vicinanza tra genitori e ostetriche serve ad allineare i linguaggi. Tutto in modo che la mamma riceva un’assistenza personalizzata e sia sempre consapevole dei processi decisionali”.
L’associazione ha pure stilato delle linee guida, a disposizione di tutti i futuri genitori per poter prendere la decisione migliore per il loro nascituro. Una lunga lista di indicazioni su come prestare assistenza e tutelare la sicurezza di mamma e bambino in tutte le fasi del parto, e in quelle che lo precedono. Comprese quelle pratiche di preparazione dell’ambiente in cui dovrà nascere il piccolo. Dalle cerate per proteggere il materasso, al termometro, ai cuscini morbidi e torcia elettrica, alla valigia per eventuale trasferimento in ospedale, che la donna dovrà preparare per tempo.
Regole generali
Per pianificare un parto a domicilio è fondamentale che si abbia la certezza di gravidanze fisiologiche e a basso rischio, condizioni che vanno mantenute nel tempo. Alcuni fattori, come gravidanze gemellari, pregresso parto cesareo, patologie materne come diabete che necessita di insulina, cardiopatie ma anche malformazioni uterine costituiscono invece controindicazioni al parto a in casa. “Anche la nulliparità, la presenza di distocie (come una posizione di spalla del feto) e un’età gestazionale superiore alle 41 settimane costituiscono controindicazioni assolute al parto in casa – aggiunge Fabio Mosca, presidente della Società italiana di neonatologia –. Al tempo stesso deve essere garantita la presenza di un ospedale nel raggio di 20 minuti dal domicilio scelto per la nascita, con personale ospedaliero che ne sia a conoscenza ed eventualmente pronto a intervenire, con trasporto neonatale e materno pre-allertati”.
Cosa pensa la Sin
La posizione della Sin in merito al parto in casa è contraria solo nel momento in cui non possano essere rispettate tutte le condizioni di sicurezza. “Qualcosa di imprevisto può capitare anche se si escludono le situazioni a rischio e sapere di non essere troppo lontani dall’ospedale può essere garanzia di intervenire per tempo – riprende Mosca – allo stesso tempo è fondamentale che le ostetriche siano almeno due, che siano adeguatamente formate.
E che abbiano magari una lunga esperienza di nascite e gestione del parto, e una di loro deve essere in grado di fare rianimazione neonatale. Come ribadito nelle indicazioni appena diffuse dall’American Academy of Pediatrics”. Se siamo in grado di ottemperare a tutte queste condizioni, ribadisce il presidente della Sin, allora sì, il parto in casa è una scelta possibile e sicura. Come dimostrano per esempio le esperienze del Nord Europa, dove la tradizione delle nascite in casa è più consolidata.
Maggiore attenzione
“La nostra posizione è quella di prestare tutte le attenzioni possibili. Ma il rischio di non poter garantire tutte queste condizioni di sicurezza nel parto in casa può essere elevato, anche per una questione di risorse. E in Italia non è sempre possibile garantirle in modo appropriato – continua Mosca, citando il caso dei trasporti neonatali, nati come supporto per le strutture che non hanno terapie intensive – senza considerare situazioni emergenziali, come quella rappresentata da Covid, in cui poter contare repentinamente su un sistema di trasporto non è così scontato e facilmente gestibile”.
L’ospedale rimane il luogo più sicuro in cui partorire, rimarca Mosca. Ciò non toglie che un’attenzione alla demedicalizzazione del parto, un’integrazione tra parti a domicilio e centri ospedalieri e attenzione ai fattori di rischio possano essere fattori a garanzia di qualità per chi sceglie di partorire in casa. Di quanti parti parliamo non è chiaro, dati ufficiali non ce ne sono. 0,05-0,1% stima la Sin.
Raccomandazioni per il bene del bambino
Le indicazioni per chi si occupa di nascita in casa sono di fatto le stesse di quelle suggerite dalla Sin e dalle principali società scientifiche. Anche se Forsacco ammette come si tratti più di una valutazione indicativa d’insieme che di protocolli rigidi. “Cerchiamo di avere a cuore sempre il principio di appropriatezza, seguendo delle linee di indirizzo: sta alle ostetriche eseguire tutte le possibili valutazioni di sicurezza”. Da raccomandazioni, sono almeno due quelle presenti a ogni parto, ma idealmente anche durante la gravidanza, nel percorso di preparazione, per assicurare reperibilità e assistenza. Come stabilito, si tratta di personale che ha frequentato un corso di assistenza per le emergenze a domicilio ogni due anni.
“Cerchiamo di lavorare in team, sia a livello della formazione delle ostetriche, istruite a seguire parti a domicilio per affiancamento a colleghe, che prima, durante e dopo la nascita dei bambini”. Una volta nati i piccoli, infatti, le ostetriche continuano a seguire la mamma e la famiglia fino a quando non siano autonome, circa un mese dopo la nascita. “Nella nostra esperienza le situazioni di emergenza sono rarissime e il feedback che riceviamo dalle mamme molto positivo. Questo non solo relativamente al parto, ma a tutto il percorso”, conclude Forasacco.
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