Sarà divulgato da Netflix a partire da venerdì 16 Ottobre, pronto per la corsa agli Oscar, perfetto tecnicamente: il nuovo film di Aaron Sorkin è moralmente discutibile, racconta un fatto vero e molto serio travestito da commedia.
La trama
Si parla di Pantere Nere, di resistenza in armi, di proteste contro un governo oppressivo represse nel sangue. Sarà il filo conduttore di tutto il film, l’obiettivo di Aaron Sorkin è infatti quello di attirare e ammaliare il pubblico. Viene raccontata la storia dei Chicago Seven, i sette attivisti vittima di un processo vergognoso, accusati di incitamento alla cospirazione nel 1968, in occasione delle manifestazioni durante il congresso del partito democratico a Chicago. Alcuni di loro erano attivisti noti, altri no, tutti e sette furono adottati come simbolo di quei movimenti, accusati e processati con poco rispetto per i diritti individuali. Tutto il processo all’interno del film è impostato su tecniche da commedia, pur non essendo tale; è, infatti, un film serio, che ruba al genere la capacità di generare empatia. Come sempre, tra le fila dei cattivi è inserito un personaggio in fin dei conti positivo, pieno di dubbi, quell’individuo che tra le mele marce conferma di essere una mela buona, prendendo le distanze da chi comanda.
I pareri contrastanti della critica
Questo secondo film da regista di Aaron Sorkin è impeccabile dal punto di vista della tecnica cinematografica, ma l’idea che lo muove no. La storia, infatti, ha dimostrato il trattamento scorretto riservato ai sette imputati, che avevano ragione, per tale motivo non è difficile essere d’accordo con il punto di vista della regia. Ciò che viene recriminato a Sorkin è di aver fatto di un fatto storico un fumetto, trattando il tema come se fosse una trama di finzione. Il terreno morale su cui viene costruita tutta l’operazione è parecchio discutibile. Nel film ci sono undici protagonisti, Aaron Sorkin dà ad ognuno di loro un ruolo essenziale, mostra gli eventi della notte in questione solo verso la fine, restituendo un effetto drammatico. I silenzi dei protagonisti sono utilizzati tanto quanto le parole, Sorkin usa i crescendo musicali per raccontare i fatti come sono realmente andati, con la precisione che ci si aspetta. Romanza senza pietà dando torto e ragione, facendosi forza del fatto che la storia ha già condannato il processo, procedendo nel tentativo di convincere gli spettatori che il mondo è bipartito tra bianco e nero. Che – in buona sostanza – la storia non è poi così complessa.
Alla fine Il processo dei Chicago 7 non è se non una parodia del cinema americano, con i cattivi adirati che o urlano contro i buoni di finirla o fuggono umiliati, anche in quel momento avrebbero vinto loro. Questo non è per criticare la produzione di Sorkin, non c’è nulla di male nel cinema classico americano e nella sua maniera alle volte manichea di rappresentare virtù cardinali attraverso storie inventate. Però è tutta un’altra questione se si ha tra le mani una storia vera, l’idea che ne deriva, secondo la critica, è che Sorkin ci tratti un po’ come studenti delle medie seduti all’ultimo banco.
Costanza Falco
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