Lo studio dell’Osservatorio dell’Università Cattolica.
L’Osservatorio dell’Università Cattolica ha recentemente pubblicato uno studio condotto sulle pratiche fiscali nell’Unione Europea. La differenza di tassazione tra un Paese e l’altro che emerge nell’elaborato riporta in auge la polemica sui condoni fiscali praticat. Soprattutto dalle nazioni più piccole. La logica conseguenza è che le aziende investano da loro, avendo un’aliquota sul reddito più bassa e quindi le imposte dovute. Un problema comunitario di difficile soluzione, a cui l’UE sta provando a porre rimedio ma che necessiterà di tempo per dare risultati.
L’economista Carlo Cottarelli, ex commissario alla Spending review e ora direttore dell’Osservatorio dell’Unicatt, sostiene infatti che «l’allocazione degli investimenti delle imprese dovrebbe riflettere fondamentali economici. E non distorsioni causate da piccoli Paesi che hanno vantaggi sproporzionati da tasse basse». Anche il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, sollecitato sulla vicenda del prestito con garanzia statale chiesto da Fiat-Chrysler che ha spostato la sede fiscale a Londra, ha sottolineato come sia «necessaria un’armonizzazione fiscale perché gli ordinamenti sono in concorrenza» e attivano pratiche di dumping a vantaggio di alcuni e a scapito di altri.
Lo studio dell’Osservatorio dell’Università Cattolica: che cosa si è scoperto
L’indagine evidenzia come le differenti aliquote praticate nei Paesi e i conseguenti differenti gettiti per l’erario a seconda degli accordi con le grandi multinazionali ottengono un trattamento di favore da piccoli Paesi la cui perdita erariale è minima perché compensata dall’enorme afflusso di investimenti diretti dall’estero. È il caso del Lussemburgo dell’ex presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker. E’ il caso di Malta, dell’Irlanda, dell’Olanda del premier Rutte che si oppone agli eurobond ed è fortemente critico sulla capacità di rimborso dell’Italia per il suo stock di debito pubblico.
Nell’analisi dell’Osservatorio i benefici concessi alle società da questi Paesi prendono diverse forme: «L’aliquota di tassazione societaria può essere molto bassa: Cipro e Irlanda hanno un’aliquota del 13 per cento e l’Ungheria del 9 per cento . Si consideri che Italia, Francia e Germania hanno aliquote rispettivamente del 28, 34 e 30 per cento».
Accordi “speciali”
Sussistono trattamenti specifici (tax ruling) che possono essere accordati alle multinazionali. Si tratta di lettere di patronage tramite le quali una multinazionale concorda con un paese il trattamento fiscale da ricevere per un certo periodo. Una pratica spesso finita sotto la lente d’ingrandimento della Commissione Europea. Essendo una materia molto ampia in cui è facile che un Paese si accordi seguendo i propri interessi ma ignorando le norme economiche comunitarie. Il caso più noto è quello della Apple per l’Irlanda. Dove quest’ultima faceva pagare all’azienda di Cupertino solo lo 0,005 per cento degli utili registrati nel 2014. Ci sono infinite deduzioni che possono ridurre la base imponibile e detrazioni possono ridurre le tasse effettivamente dovute.
Secondo lo studio “Corporate Tax Haven Index 2019” del Tax Justice Network, le aliquote statutarie che ogni Paese dichiara in alcuni casi differiscono fortemente dall’aliquota realmente applicata per effetti di deduzioni, detrazioni, e applicazione dei tax ruling. «I paesi piccoli sono quelli che riducono maggiormente le aliquote, a volte azzerandole — scrive l’Osservatorio —. In più la tassazione può essere ridotta tramite trattati stipulati con altri Stati che, nel tentativo di evitare doppie tassazioni, finiscono per non applicarne alcuna».
La soluzione dell’Osservatorio
Per risolvere il problema «per tutte le tasse, comprese quelle sui redditi, l’Unione Europea ha emanato la direttiva contro l’elusione che è entrata in vigore nel 2019. Questa ha come obiettivo quello di introdurre i presupposti per l’armonizzazione della base imponibile della tassazione delle società. Aumentare il coordinamento a livello europeo e incrementare la trasparenza informativa — scrive il rapporto della Cattolica —. La direttiva è stata implementata a livello nazionale da ogni Stato attraverso le proprie leggi. Ma in alcuni paesi ha raggiunto risultati modesti, mentre in altri si dovrà aspettare alcuni anni per valutare i risultati. In ogni caso, interventi per ridurre l’elusione non rimuovono la causa dell’elusione, ossia le profonde differenze nelle politiche di tassazione dei profitti. Queste andrebbero rimosse o almeno ridotte».
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