Donare è un atto di egoismo o di altruismo? Per Roberto Landucci – co-founder di The Big Breath, start-up innovativa a vocazione sociale con l’obiettivo di sviluppare e valorizzare l’attività del donare, stimolando l’altruismo – si tratta di un atto di assoluto altruismo, “è il motivo per cui siamo qui” afferma. Anche per Rosetta Orsi, altra fondatrice di The Big Breath, tutto dipende da ciò che stiamo facendo e da quanto sentiamo l’effetto delle donazioni su di noi. In questo modo andiamo a migliorare una situazione di bisogno, ma nel momento stesso in cui interveniamo proviamo un piacere che alla fine è un po’ un aspetto egoistico. Ci sentiamo utili. Abbiamo chiesto proprio a Rosetta Orsi, di raccontarci The Big Breath, come vengono accolti tutti i donatori, qualsiasi sia la loro spinta, il loro impulso al dono.
Come è nata The Big Breath?
RS: Durante il suo percorso di crescita personale, Roberto ha avuto l’intuizione di creare un sistema di donazioni, che fosse sì un sistema web, ma che soprattutto fosse totalmente in mano alla scelta della community: sia nella decisione di quali progetti sostenere che nel sostegno stesso, fino ad arrivare alla soluzione del problema. Ci siamo messi a lavorare il 26 di novembre 2019 e abbiamo fondato una startup innovativa a vocazione sociale. Nonostante la pandemia, abbiamo poi continuato nello sviluppo del portale finché a dicembre del 2020, con oltre sei mesi di ritardo rispetto alla nostra pianificazione, siamo riusciti a lanciarla ufficialmente. Uno degli elementi per cui si sono persi 6 milioni di donatori negli ultimi dodici anni e per cui tante persone non si avvicinavano con piacere al percorso del dono era il fatto di non avere la certezza di dove poi la contribuzione andasse a finire; allora abbiamo pensato che questo aspetto si dovesse sapere ancora prima di iniziare la campagna. Il nostro obiettivo è quello di creare campagne in cui l’oggetto della raccolta sia un bene o un servizio che abbia già un nome e cognome, è ovvero già ben identificato e si sa già anche da chi andiamo ad acquistarlo. Abbiamo dunque introdotto la figura del fornitore partner.
Come descrive la figura del fornitore partner?
RS: È un’azienda di produzione o distribuzione che decide di essere concretamente attiva nella parte di responsabilità sociale, che prende un’esclusiva territoriale, ma si impegna a dare il bene ad un prezzo che è pari allo sconto massimo che realizza al suo miglior cliente. Questo fa sì che io donatore conosca tutto quello che è il processo: chi ha bisogno, di che cosa, qual è il prodotto, dove lo compro e a che prezzo, prima ancora di decidere se dare o meno il mio contributo. Permette inoltre di ottenere un bene o un servizio ad un prezzo che altrimenti – raccogliendo la somma di denaro e dandola al beneficiario – non riuscirebbe con la stessa cifra ad acquistare. Da solo non avrebbe quel fornitore partner, attore protagonista. Diventa anche un modo per poter ottenere degli aiuti ad un prezzo inferiore rispetto a quello che sarebbe con la semplice raccolta di denaro.
Quali sono i temi che vanno per la maggiore?
RS: Inizio dal contrario, cioè da quello che ad oggi abbiamo notato essere meno sentito e su quale invece noi vogliamo spingere e sensibilizzare: la natura. Fino ad oggi, non abbiamo ricevuto richieste per riqualificare aree in degrado piuttosto che per creare giardini o orti nelle scuole o ancora per dare ossigeno nelle RSA. A parimerito si trovano il mondo degli animali e poi degli esseri umani. Al momento abbiamo una campagna attiva – Il sogno di Davide – che rappresenta per lui il passaggio da una situazione di totale dipendenza e di non possibilità di movimento ad una libertà sicuramente maggiore: si tratta dell’acquisto di una carrozzina 4×4. Il costo è sicuramente importante, ecco perché quando abbiamo iniziato a parlarne insieme a lui, abbiamo proprio scelto di parlare di “sogno”. Abbiamo deciso di provarci, e devo dire che ad oggi è la campagna che ha avuto il sostegno maggiore: in tre settimane abbiamo superato i 5mila euro di raccolta. Questo ci ha fatto riflettere sul fatto che spesso anche pensare al sogno, non solo all’indispensabile, fa bene non solo a chi è aiutato, ma anche chi aiuta, dando speranza anche a chi ha contribuito.
The Big Breath ha un’anima lucchese, ma…
RS: L’obiettivo è quello di replicare il caso di Lucca in altre province italiane e poi a livello globale (nel giro di un anno o due). Pur essendo via web, avendo quindi una trasversalità totale, il fornitore rimane sempre legato al territorio, diventa un riferimento per la comunità: mixa la globalità che si può ottenere sul web con il senso di appartenenza al territorio. Diventa un fornitore “preferito”, con una priorità rispetto ad altri.
Qual è dunque il vostro obiettivo per i prossimi mesi?
RS: Entro l’anno 2021 – Covid permettendo – vogliamo essere presenti su almeno 20/25 province italiane: per ogni provincia si va dai 10/15 fornitori partner più lo spazio per gli sponsor. Ai fornitori partner e agli sponsor diamo la possibilità di avere una pagina vetrina sul portale e di essere con noi nelle attività di comunicazione web che facciamo, siamo su tutti i principali canali social, abbiamo già un podcast con un seguito interessante. Parliamo di loro, nel nostro processo di comunicazione c’è un grande spazio dedicato a questi attori protagonisti, visibili al pubblico sensibile alle tematiche.
Che cosa vi differenzia dagli altri?
RS: The Big Breath è po’ un’evoluzione di una onlus, diventa un’azienda che ha lo stesso obiettivo di una no profit e, allo stesso tempo, è autoportante, in cui bisogna trovare il modo di aiutare chi ha bisogno. Lo si fa senza gravare sul donatore e su chi chiede aiuto, e con l’intervento del fornitore: il sistema infatti si autoalimenta grazie ai fornitori partner. Quando si raggiungerà l’obiettivo, con una community a livello nazionale arriverà anche l’innovazione tecnologica. È un sistema “game” che viene prima della raccolta fondi, in quel caso sarà la community a definire le priorità di raccolta per i progetti. Andranno alla raccolta fondi progetti che sono più vicini alla sensibilità della community stessa.
Sui social vi è mai arrivata qualche richiesta particolare per qualche progetto?
RS: Sì, infatti per ampliarci nelle province terremo conto delle domande che ci arrivano. Da Pompei e da diverse città del nord Italia, abbiamo avuto un po’ di richieste su cui stiamo lavorando. La cosa bella è che tramite i social ci arrivano domande che ci fa piacere ricevere e riguardano proprio l’aspetto del funzionamento della startup. Sentiamo di far vivere la realtà immersiva di ciò che poi si trova sulla piattaforma.
Leave A Reply