Non bastava l’emergenza sanitaria. In America il 2020 si sta rivelando uno degli anni più turbolenti della storia recente. Il tutto tra l’infelice record di morti a causa del coronavirus e i gli attuali disordini e proteste in seguito alla morte di George Floyd. Il malcontento cresce di giorno in giorno e la luce in fondo al tunnel sembra davvero lontanissima. In tutto questo Trump continua a comunicare con i cittadini attraverso i suoi profili social, in particolare Twitter. Proprio con questo social network però, è iniziata una “guerra” mediatica a suon di censure e accuse, che ha portato il presidente americano a prendere provvedimenti ufficiali. Che non promettono bene.
Gli antefatti
Il 26 maggio Donald Trump ha twittato riguardo il voto via posta, di cui si sta molto discutendo negli Stati Uniti per via della pandemia da coronavirus. Trump sostiene con sicurezza che il voto postale sarebbe «falsato». Il tutto perché un sacco di schede finirebbero per essere rubate, e che il governatore della California (un Democratico) sta inviando «milioni» di schede, anche a chi non dovrebbe riceverla. Questo condizionerà gli elettori nello spiegare loro come votare. Tutte queste informazioni sono false: diversi stati americani usano già il voto per posta con vari strumenti di controllo e non esistono prove di brogli; il governatore della California non ha inviato nessuna scheda elettorale ai cittadini.
Per questo motivo, Twitter ha segnalato il “cinguettio” come fuorviante. Senza cancellarlo, ma aggiungendo in coda un link per apprendere i fatti. È stata la prima volta che Twitter ha preso un provvedimento del genere. Il tutto dopo che per anni esperti e osservatori avevano criticato il fatto che non avesse un protocollo per occuparsi delle notizie false o fuorvianti pubblicate da personaggi con milioni di follower.
La decisione contestata da Trump, che già in passato aveva accusato Twitter di volere «interferire» con la campagna elettorale per le elezioni presidenziali del 2020, che aveva quindi annunciato che avrebbe presto preso provvedimenti contro il social network. In fondo ai due tweet che contengono il testo, Twitter ha inserito una frase in blu – «leggi come stanno le cose sul voto postale» – preceduta da un punto esclamativo. Due elementi che segnalano chiaramente il contenuto come fuorviante. Il testo rimanda a un articolo di CNN che spiega le molte imprecisioni e forzature del tweet di Trump.
La vendetta
Ecco quindi che il presidente degli Stati Uniti ha firmato un ordine esecutivo con l’obiettivo di ridurre le protezioni dei social network. E più in generale i forum online, rispetto ai contenuti pubblicati dagli utenti. L’ordine esecutivo fa riferimento in particolare alla sezione 230 del Communications Decency Act. Ovvero una legge emanata nel 1996 per regolamentare le responsabilità dei fornitori di accesso a Internet (provider).
In base alla sezione 230 della legge, le aziende informatiche, e quindi i social network, non sono responsabili legalmente dei contenuti che gli utenti pubblicano sui social network. Visto che che sono “piattaforme” e non giornali, che invece sono direttamente responsabili dei contenuti degli articoli. Secondo Trump, che ha deciso di muoversi apparentemente per vendicarsi contro Twitter, quando i social network si comportano come giornali – decidendo cosa possa o non possa essere pubblicato dagli utenti – dovrebbero essere trattati alla stregua dei giornali anche legalmente e quindi essere ritenuti responsabili di ciò che viene pubblicato dai loro iscritti. Il provvedimento non rimuove la Sezione 230. Ma chiede che il Dipartimento del Commercio e il procuratore generale, William Barr, propongano una modifica della legge alla Federal Communications Commission (FCC), l’agenzia governativa degli Stati Uniti di telecomunicazioni.
La FCC, un organo indipendente dal governo ed è composta da tre Repubblicani e due Democratici, dovrà decidere se modificare la sezion. E inoltre considerare i social network al pari dei giornali e di altri contenuti editoriali. In particolare, si chiede alla FCC di giudicare se i social network possano perdere le tutele concesse dalla Sezione 230. Nel caso in cui rimuovano o blocchino contenuti “in malafede”.
Quali conseguenze?
La decisione di Trump non avrà quindi conseguenze immediate e potrebbe non averne del tutto, se la FCC non dovesse decidere di conseguenza.«Hanno avuto il potere incontrollato di censurare, limitare, modificare, modellare, nascondere, alterare praticamente qualsiasi forma di comunicazione tra cittadini privati o in un più vasto pubblico», ha detto Trump dei social network firmando l’ordine esecutivo. «Non esiste un precedente nella storia americana di un numero così piccolo di società che controllano una sfera così ampia di interazioni umane».
Venerdì, dopo la pubblicazione dell’ordine esecutivo, Twitter ha preso un nuovo provvedimento nei confronti di Trump. Questa volta per un tweet in cui il presidente statunitense definisce “criminali” le persone che stanno manifestando da alcuni giorni a Minneapolis per la morte dell’afroamericano George Floyd. Nel tweet Trump dice di aver parlato con il governatore del Minnesota, Tim Walz. E di avergli detto che «l’esercito è con lui fino alla fine» e che «quando iniziano i saccheggi, si inizia anche a sparare».
Twitter ha aggiunto un avviso prima del tweet, in cui è scritto che le parole di Trump violano le regole del social network sull’esaltazione della violenza. Specificando però di aver deciso di non oscurarle perché “potrebbero essere di pubblico interesse”. Successivamente le stesse parole usate da Trump nel suo tweet sono state riprese anche dall’account della Casa Bianca. Anche in questo caso Twitter ha segnalato il tweet con un avviso.
La sezione 230
La Sezione 230 del Communications Decency Act prevede che le società attive su Internet non siano ritenute legalmente responsabili per ciò che gli utenti pubblicano negli spazi in cui è consentito loro farlo. La sezione specifica che tali società non sono editori e pertanto possono essere perseguiti penalmente solo i singoli utenti, ma non le società stesse.
La sezione dà però alle aziende la libertà di rimuovere tutti i contenuti che ritengano offensivi o che violino i propri standard, fintanto che lo facciano operando “in buona fede”. La Sezione 230 è stata introdotta nel 1996, quando Internet iniziava a diffondersi in tutto il mondo, e in particolare negli Stati Uniti, nelle sue forme prettamente commerciali. Ha avuto origine da due cause intentate nei confronti di due servizi attivi all’epoca. CompuServe e Prodigy. Entrambi offrivano ai loro utenti forum in cui potevano esprimersi liberamente. Ma mentre CompuServe aveva deciso di non moderarne i contenuti, Prodigy aveva un team di moderatori che dovevano approvare o meno i messaggi pubblicati.
Entrambe le società furono querelate per alcuni contenuti pubblicati dagli utenti. Ma mentre CompuServe non fu ritenuta responsabile per non aver moderato i messaggi, Prodigy fu considerata al pari di un giornale, data la moderazione che effettuava, e per questo ritenuta direttamente responsabile. Dopo questa decisione, le società di Internet fecero pressioni per avere una legge che riempisse il vuoto normativo. E da lì nel 1996 il Congresso inserì la Sezione 230 nel Communications Decency Act, che faceva parte di una più ampia legislazione sulle telecomunicazioni.
Leave A Reply