È passato poco più di un mese da quando Twitter ha deciso di eliminare il profilo dell’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump in seguito ad alcuni tweet nei quali legittimava l’attacco del 6 gennaio al Congresso. La decisione del social ha riportato alla luce un dibattito che va avanti da tempo su quelli che sono i rischi relativi alla propaganda politica online, soprattutto se i social network vengono utilizzati da politici di alto livello in modo eccessivo e con toni aggressivi. Farhad Manjoo, editorialista del New York Times, si è domandato se non sia più opportuno proibirne l’uso a tutti i politici, in modo particolare ai capi di stato e di governo.
Secondo Manjoo, quanto è successo si sarebbe potuto evitare se Twitter avesse preso provvedimenti più drastici nei confronti di Trump prima dell’attacco; in generale, bisognerebbe trovare un sistema affinché nessun politico possa più utilizzare un social network in questo modo. “I capi di stato e di governo non dovrebbero essere autorizzati a twittare. Una persona a capo di una nazione dovrebbe avere cose migliori da fare. Se il presidente vuole parlare, allora dovrebbe salire su un podio, pubblicare un comunicato stampa, parlare con un giornalista, comprare un annuncio o convocare i media allo Studio Ovale. La possibilità di scrivere i propri pensieri sulla guerra mentre si guarda la TV forse andrebbe lasciata a persone che non possono mettere fine al mondo premendo un pulsante”.
La decisione di Twitter di sospendere Trump: diverse posizioni
La decisione era stata parecchio discussa, soprattutto dal momento che era in contraddizione con quanto fatto dalla piattaforma fino a quel momento: Twitter si era sempre rifiutato di segnalare come inappropriati i tweet di Trump, sostenendo che fossero contenuti di interesse generale e che censurare il presidente degli Usa avrebbe reso ancora più polarizzato il dibattito pubblico degli Stati Uniti. Le posizioni in merito sono molto varie, alcune delle quali diverse da quelle di Manjoo. Su posizioni critiche, per esempio, si sono schierati diversi politici stranieri che hanno espresso la paura che una decisione simile fosse un pericolo per la libertà di espressione online, e che si trattasse di censura. Il portavoce di Angela Merkel ha parlato di una decisione “problematica”, che limiterebbe il diritto di esprimersi liberamente, così come il presidente messicano Andrés Manuel López Obrador l’ha criticata pubblicamente, paragonando Twitter alla Santa Inquisizione.
La regola non deve avere connotati politici
La regola deve basarsi su un semplice postulato: ai capi di stato non dovrebbe essere permesso di twittare. La persona più potente nel contesto più influente del mondo non dovrebbe pubblicare sprazzi di pensiero in maniera istintiva, senza revisione, su un social il cui algoritmo è stato progettato per generare indignazione.
L’argomento sollevato da Manjoo, ad ogni modo, non è nuovo: già all’inizio della presidenza di Donald Trump, alcuni opinionisti si erano domandati se non fosse il caso di rivedere i social network e impedire che i capi di stato scrivessero a loro piacimento in ogni momento e su qualunque questione. In un articolo del 2018, Conor Friedersdorf, giornalista dell’Atlantic, aveva commentato un tweet in cui Trump minacciava il dittatore nordcoreano Kim Jong-un di avere “un pulsante nucleare più grande del suo”, definendolo il “tweet più irresponsabile della storia”. Secondo Friedersdorf, Twitter è stato ideato per abbassare le barriere della comunicazione, incoraggiando gli utenti a digitare in modo impulsivo e in pochi caratteri: qualcosa di inadatto per i leader mondiali, che invece dovrebbe stare lontano dall’avventatezza e ponderare le parole che utilizzano. “Il peso delle loro dichiarazioni – scriveva Friedersdorf – dovrebbe essere un freno che li induca a fermarsi prima di esprimersi, poiché le loro parole possono avere conseguenze immediate e, plausibilmente, possono influenzare miliardi di persone. Alcuni leader hanno innescato genocidi e pogrom con le loro parole. Le parole sbagliate sulla guerra nucleare potrebbero letteralmente porre fine alla civiltà umana”. Il problema non riguarda solamente l’ex presidente Trump, ma anche altri leader mondiali molto discussi che hanno fatto dei social dei mezzi di propaganda. Tra gli altri, il presidente brasiliano Jair Bolsonaro, il venezuelano Nicolás Maduro, e la Guida Suprema iraniana Ali Khamenei. Il giorno stesso in cui l’account di Trump è stato eliminato, Twitter ha rimosso anche un tweet di un account connesso a Khamenei in cui si definivano “inaffidabili” i vaccini contro il Covid-19 prodotti negli Stati Uniti e nel Regno Unito. Il tweet è stato eliminato, tuttavia l’account ha ancora libero accesso, come anche quello di Bolsonaro, che di notizie false sulla pandemia ne ha diffuse in gran quantità.
La presenza di Trump su Twitter era “molto minacciosa per la società”
Manjoo scrive che per lungo tempo era stato scettico sull’ipotesi di vietare Twitter a Trump, dal momento che l’ex presidente era onnipresente su tutti i media, e chiudere solamente uno dei suoi canali non sarebbe servito. Tuttavia alcune settimane dopo la rimozione dell’account, Manjoo ha notato che la presenza di Trump su Twitter era “molto più minacciosa per la società di quanto avessi sospettato, e il divieto ha avuto più successo nel reprimere il suo stile di pura propaganda di quanto avessi immaginato”. Su Twitter è arrivata “una vaga ma palpabile serietà”.
Come molti altri esperti di libertà di espressione hanno fatto notare, inoltre, i capi di stato e di governo non hanno bisogno di Twitter o Facebook per comunicare con i propri elettori, proprio perché hanno a disposizione degli apparati di comunicazione, nonché l’attenzione costante dei media. Proprio da questo punto di vista, Joe Biden ha preso nettamente le distanze dal suo predecessore. I suoi impegni, le decisioni e i programmi vengono divulgati giornalmente in una conferenza stampa dalla sua portavoce. Non sarebbe una grande novità nella storia dei presidenti americani, se non fosse che durante la presidenza di Trump questa pratica era stata messa da parte, dal momento che tutto veniva divulgato dal presidente via Twitter.
Costanza Falco
Leave A Reply