Il trauma cranico è la prima causa di morte e disabilità permanente negli individui sotto i 45 anni di età e la causa più frequente di decesso tra tutti i gli eventi traumatici (dati Istat), in particolare a causa di incidenti stradali per eccesso di velocità e disattenzione. Oltre quella traumatica responsabile di circa 1/3 dei casi le altre cause più frequenti di GCA sono emorragia cerebrale e anossia.
Per dare la dimensione del problema, secondo le statistiche americane, ogni 15 secondi una persona subisce un trauma cranico e ogni 5 minuti una di queste muore o rimane gravemente disabile. Nella sola Lombardia si calcolano dagli 800 ai 1000 casi di gravi cerebrolesioni acquisite all’anno e in tutta Italia si parla di 15 – 20 casi per 100.000 abitanti l’anno (stima in difetto).
Della riabilitazione e reinserimento nella società di queste persone e delle prospettive sul loro futuro si parlerà a Milano il 23 novembre 2018 (Auditorium Testori, Piazza Città di Lombardia, 1, Milano) in un convegno dal titolo “innovazione e ricerca nei percorsi di inclusione sociale di persone con lesione cerebrale acquisita”.
L’evento, che cade in occasione della XX Giornata Nazionale Trauma Cranico, è organizzato dalla Federazione Nazionale Associazioni Trauma Cranico con la collaborazione dell’Associazione Lombarda AGCA Milano onlus.
“L’obiettivo – spiega il Presidente della Federazione Paolo Fogar – è creare una giornata di dibattito, di conoscenze e condivisione con le Società Scientifiche, le Istituzioni e le Associazioni relative alle problematiche delle persone con Gravi Cerebrolesioni Acquisite e delle loro famiglie. Ci concentreremo sul futuro della riabilitazione, a partire dalla neuro robotica e neuro-ingegneria per poi considerare gli interventi ben successivi all’ospedale, cioè quelli che sono prevalentemente orientati al recupero di attività complesse della vita quotidiana: dalla gestione della casa, all’uso dei mezzi di trasporto, al reinserimento nella scuola e nel posto di lavoro”.
La prima parte della giornata del convegno sarà dedicata alla neurorobotica, alla neuro ingegneria ed alla riabilitazione robotica, con una riflessione sulle relazioni umane e le prospettive delle intelligenze artificiali.
La tecnologia digitale è la prima protesi della mente. Oggi è possibile connettere direttamente il nostro cervello ad una macchina esterna perché questa attivi compiti, per esempio di tipo motorio, altrimenti impossibili a causa di una lesione cerebrale.
Pur con molte difficoltà ed approcci complicati è questa una delle frontiere verso cui sta muovendo la neuro ingegneria.
Alla base di queste ricerche, per ora ancora sperimentali, vi è l‘idea che la funzione dei circuiti cerebrali e/o dei centri cerebrali lesionati e disfunzionanti potrebbero essere sostituiti da altre parti del cervello integre: particolari dispositivi posizionati in situ possono raccogliere i segnali generati dalla corteccia cerebrale, elaborarli, per poi inviarli perifericamente alle strutture che generano l’atto motorio anche attraverso utilizzo di protesi che agiscono perifericamente, a questo punto la periferia è di fatto nuovamente connessa. Al momento l’obiettivo è stato raggiunto solo in parte con risultati incoraggianti ma non del tutto risolutivi. La sfida continua
A chiusura della prima parte della giornata verranno affrontati il tema della malnutrizione nelle GCA, problema emergente ma del tutto sottostimato nel percorso sanitario, e l’importante tema del giusto risarcimento del danno subito dopo la lesione cerebrale.
L’altra mezza giornata è dedicata ad argomenti sociali come l’housing sociale e il reinserimento lavorativo. Temi fortemente correlati in quanto l’housing sociale è la via che porta alla vita indipendente, premessa al reinserimento lavorativo.
Di un’esperienza di reinserimento socio-occupazionale e lavorativo parleranno il Rappresentante dell’INAIL Nazionale ed i Rappresentante della FNATC, nell’ambito dell’Accordo di Collaborazione INAIL-FNATC che ha permesso la messa in comune di competenze e conoscenze tecnico-scientifiche mirate alla definizione di un modello di protocollo di “Vocational Rehabilitation”.
Seguiranno altri Relatori con esperienze di inserimento lavorativo della Regione Lombardia, Veneto e Marche.
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